Un giorno d'estate

Mi sono spesso meravigliato del gran proliferare di carta stampata e mi sono chiesto come mai così tanti cervelli, che la Natura sembra aver condannato alla sterilità, siano invece capaci di una produzione tanto voluminosa. È pur vero però che, mentre l'uomo procede nel cammino della vita, diminuiscono di giorno in giorno i suoi perché e sempre più spesso scopre risposte molto semplici a ciò che gli appare incredibile o straordinario. Così mi è capitato, a spasso per questa grande metropoli, di imbattermi in una scena che mi ha svelato alcuni misteri dell'arte di fabbricare libri, ponendo fine in un istante alle mie perplessità.
Un giorno d'estate mi aggiravo, apatico e accaldato, per gli ampi saloni del British Museum; mi fermavo davanti alla bacheca dei minerali, oppure guardavo i geroglifici di una mummia egiziana, e ogni tanto cercavo, sempre con scarso successo, di decifrare i dipinti allegorici degli alti soffitti. Me ne stavo così soprappensiero, quando il mio sguardo fu attratto da una porta in fondo a una serie di sale: era chiusa ma ogni tanto si apriva e ne usciva furtivamente qualcuno, di solito vestito di nero, che sgusciava fra le stanze senza guardarsi intorno. L'atmosfera misteriosa destò la mia sopita attenzione e decisi di varcare quella soglia per esplorare l'ignoto. La porta cedette al tocco della mia mano, con la stessa facilità con cui si aprono i battenti dei castelli incantati al tocco dei cavalieri erranti e mi ritrovai in un'ampia sala, con enormi scaffali pieni di libri famosi; fra le mensole e la cornice di stucco del soffitto pendevano molti ritratti, antichi e anneriti, di scrittori del passato. ...

Washington Irving - da "Racconti fantastici", Donzelli Editore 2003

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