I caplèt

Nel Reggiano, la memoria collettiva ha associato all’antifascismo il tradizionale pasto dei cappelletti in brodo con lambrusco come piatto antifascista. Beh, il lambrusco già ai primi del secolo serviva per i battesimi laici. Ma secondo poi Franzoni e Bonaretti, aveva anche molti motivi per essere antifascista: in primo luogo era rosso, in secondo luogo si univa, nel tradizionale “surbir”, al brodo dei cappelletti. Questi cappelletti sono un’altra delle eminenti vittime delle violenze squadriste del ventennio, perché, essendo proibito festeggiare il primo maggio, le squadracce erano solite perlustrare quel giorno le case dei possibili oppositori, e se scoprivano qualcuno mangiare i cappelletti, non solo punivano il responsabile, ma distruggevano a manganellate la pietanza medesima. Si esponevano così ancora di più allo scherno popolare, molto vivace nella nostra provincia in quegli anni, secondo il quale “i fasèsta stanghèven i caplèt.

Rivista Anarchica Online

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