Diari

Allen Ginsberg aveva voluto che scrivessi una poesia, per l’occasione, e naturalmente io durante il pomeriggio ero riuscita non so come a scriverla. In una scena bizzarra, e di scene bizzarre me ne capitavano di ogni genere con i miei amici, la poesia me l’aveva fatta leggere per giudicare se era degna di essere presentata al reading dei suoi allievi mentre mi dava una lezione veramente impensabile: si era messo in testa di insegnarmi a lavare i piatti, per lui una imprescindibile prerogativa femminile. La lezione mi pareva perfetta: la sua cucina, nell’appartamento che gli era toccato nella Varsity House, aveva un lavello con due vaschette , e Ginsberg mi spiegava inflessibile che in una vaschetta dovevo insaponare i piatti, nell’altra sciacquarli e quando erano sciacquati posarli sul piano del lavello, mentre lui li asciugava. Era così serio nel corso di questa lezione che lo ascoltavo quasi con la stessa intensità con cui ascoltavo le sue lezioni su Shakespeare; caro Allen, per fortuna non mi ha mai fatto un esame sui risultati dei suoi sforzi: piatti non ho mai più provato a lavarne. A dire la verità non ho mai più provato neanche a scrivere poesie su commissione: ne ho scritte due o tre come tutte le donne del mondo per un amore infelice ma, proprio come diceva Benedetto Croce, simili agli sfoghi “delle fantesche con i soldati”.

Fernanda Pivano, Diari (1947 - 2009)

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