Nessun

Dalla pietra pomice trae origine il verbo “pomiciare”. Letteralmente, il suo significato indica l’operazione di sfregamento della pietra pomice sul corpo umano. Figurativamente, il pomiciare indica quell’attività eroticoamorosa che va dal bacio allo strùscio dei corpi senza mai però spingersi oltre. La penetrazione non fa parte del pomiciare. Incontro di labbra, toccatine timide e magari inesperte, corpi che si strofinano con ancora i vestiti addosso. E’ un verbo da prima uscita, da primo contatto. Il suo campo di gioco è la creazione di vicinanza affettiva. Lavorare sull’animo e sul corpo dell’altro come di pietra pomice, per ammorbidire.

Ma, forse, è più sottile il senso del verbo pomiciare. Perché il suo senso più profondo non riguarderebbe l’atto ma la cosa in sé. Pomiciare quindi deriverebbe non dall’azione compiuta con la pietra pomice ma dall’essere la pietra pomice e, come tale, comportarsi di conseguenza: agire senza mai rischiare di sprofondare, in una continua limitazione delle possibilità, la mano che avanza e subito si ritrae indietro, il sesso che pulsa ma rimane incarcerato, i fianchi che vorrebbero esplodere in corse sfrenate e invece niente. Nessun affondo. Nessuna profondità. Nessun rischio di farsi male. Questo è il pomiciare. Galleggiare continuamente sulla superficie del sentimento, senza il coraggio o la voglia di affondarci dentro, in una sospensione che volutamente ignora il pericolo e l’ebbrezza dell’annegare.

D. Enia, Mio padre non ha mai avuto un cane (in D. Enia, Prima che il buio circondasse ogni cosa, Milano 2012, pp. 24-25

Commenti

Etichette

Mostra di più