Dappertutto

«Quando la chiamano così mi incazzo sempre perché per la gente depressione vuol dire diventare tristissimo, diventare silenzioso e malinconico e non fare altro che star seduto alla finestra in silenzio a sospirare e a non fare nulla. Uno stato in cui non t’importa di niente. Come essere in pace ma molto tristi». […]
«Be’, questo», indicò se stessa, «non è uno stato. Questa è una sensazione. La sento dappertutto. Nelle braccia e nelle gambe».
«Incluso il carpo - mani e piedi?»
«Dappertutto. Nella testa, nella gola, nel sedere. Nello stomaco. È ovunque. Non so come potrei chiamarla. È come se non potessi distanziarmene abbastanza da darle un nome. È più orrore che tristezza. È più orrore. È come se stesse per succedere qualcosa di orribile, la cosa più orribile che si può immaginare - no, peggio di quel che si può immaginare, perché hai la sensazione che c’è qualcosa che devi fare subito per fermarla ma non sai che cos’è che devi fare, poi sta già succedendo, sta per succedere e sta anche succedendo, tutto allo stesso tempo».

David Foster Wallace

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