Il fotocane

Fu allora che Molly, mentre gli rispondeva che doveva andare a prendergli i caricatori da quelli esposti nell’ingresso, ricordò che sua nipote aveva un grosso panda di soffice peluche, che, per ragioni che sarebbero state probabilmente comprensibili solo a un’altra bambina come lei, aveva chiamato Paulette. Dentro Paulette un circuito elettronico metteva in funzione una scheda sulla quale erano memorizzate qualcosa come quattrocento frasette semplici semplici, come: «Mi piace da matti abbracciare» e «Vorrei che non te ne andassi mai via». Toccando un punto appena sopra il piccolo ombelico peloso di Paulette, dopo un attimo di pausa il panda recitava una delle sue simpatiche battute in una voce distaccata e priva di emozioni che contraddiceva il significato delle sue parole. Per Ellen, Paulette era la fine del mondo. Molly gli trovava qualcosa di sinistro e non poteva fare a meno di aspettarsi che un giorno o l’altro Ellen lo avrebbe toccato per sentirlo parlare e il panda di peluche avrebbe sorpreso tutti (eccetto zia Molly di Castle Rock) rivelando quello che pensava veramente. «Questa notte mentre dormi ti strozzo», forse, oppure più semplicemente: «Ho un coltello».

Stephen King

Commenti

Etichette

Mostra di più