Libera nos a Malo

Ma nessuna donna credo fu mai tanto amata in paese, e da tanti, e così fulmineamente come la pallida Sidonia. Io avevo allora una squadretta di calcio di cui ero padrone e capitano perché il pallone era mio. Il sabato arrivò in paese la Sidonia, la domenica tornando da messa ultima mio zio Dino mi domandò con cui giocavamo quel giorno. Dissi che avevo sospeso la partita perché avevo mezza squadra innamorata. “E della stessa donna”, aggiunsi gravemente.
“Eh, ostia,” disse Dino. “E chi sarebbe questa vampira?”
Glielo dissi, che era una da Vicenza, arrivata appena, e Dino capì ed ebbe la finezza di non domandarmi altro.
Amai la Sidonia com’era giusto amarla: subito e senza condizioni, come cosa venuta da Vicenza a Malo a mostrare com’è un miracolo. Altri la corteggiavano più volgarmente. Savaio rubava il posto al suo fianco camminando sul marciapiede e canterellava: “Sidonia voglio andare con te in Patagonia.” Questi insoffribili estroversi: in Patagonia! Savaio una ne cantava e una ne pensava. Eccolo che riattacca: “L’italiano non ci stette a pensar su se la prese per la mano la condusse via lontano sotto un albero laggiù.” E poi cosa farebbe l’italiano? Io dico che dovrebbe mettersi a sedere su una pietra (ce ne devono essere laggiù) perché le gambe non lo tengono in piedi, e cercar di sopportare il fluido luminoso che esce dal viso di questa donna, restando seduto.

Luigi Meneghello

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