Buio

Appena lasciate le ultime case del paese in fondo alla stretta valle,lungo la strada la notte mi inghiottì nel buio più nero. Camminavo con passo lento e incerto, non scorgevo neppure un tenue riverbero argenteo di foglie, né il riflesso di un oggetto qualsiasi e per quanto spalancassi gli occhi e anche la bocca, non vedevo altro che il nero umido e compatto che mi assorbiva.Dal cielo velato,che immaginavo sopra di me, non proveniva nessun debole chiarore di stelle che potesse guidarmi e allentare la paura e lo smarrimento che cominciavano a impossessarsi di me. Conoscevo il sentiero, fiancheggiato da un lato da un fitto bosco di noccioli e roveri e dall'altro da prati e frutteti che digradavano dolcemente verso il torrente.Sapevo che il tragitto che mi avrebbe ricondotto alla contrada più sopra proseguiva per una ventina di minuti, tuttavia la sensazione di sgomento non mi abbandonava.
Mi fermai e cercai di calmare la vertigine che mi stringeva la gola.
Ero ostinatamente persuasa che un buio così fitto non potesse esistere fra quelle dolci colline coltivate e disseminate di case e che prima o poi una luce si sarebbe accesa per salvarmi da quell'incubo. Questo pensiero, irrazionale e puerile, mi aveva tenuto in stallo per diversi minuti. Quando mi ripresi, pensai di tornare indietro per raggiungere gli amici che erano rimasti alla festa e chiedere un passaggio in macchina. Ma scartai subito l'ipotesi. Avevo abbandonato il festino proprio per non rimanere seduta tutta la serata su una scomoda panca in mezzo al frastuono della musica scadente, tra la gente rumorosa che mangiava e ballava al ritmo di vecchi valzer e mazurche che mi infastidivano. La fredda umidità calata dopo il tramonto, mi faceva rabbrividire e la mia voce si era bruscamente abbassata al punto che, in quel baccano, mi era impossibile conversare con qualcuno.
Mi convinsi dunque che dovevo proseguire. Raccogliere le forze e attraversare in qualche modo quel muro impenetrabile di buio che mi sovrastava. La decisione mi rianimò e ritrovai la calma che mi aiutò a ridimensionare la paura dei pericoli a cui mi sentivo esposta. Mi tornò in mente che Monica mi aveva raccontato di essere stata importunata da due individui a bordo di un'auto vecchia e scassata mentre passeggiava una mattina sulla strada del Corno. Dopo quella volta non si era più sentita sicura di uscire a camminare da sola. Nonostante l'allarme che il ricordo aveva attivato nella mia mente già provata, calcolai che le probabilità di venire aggredita da qualche malintenzionato nascosto nel bosco, erano davvero minime. In ogni caso ero decisa a uscire al più presto da quel buio. Constatai che, benché privata temporaneamente della vista, gli altri sensi erano ben desti e allertati a captare ogni oscillazione, ogni tremito, ogni mormorio proveniente dalla natura che mi circondava. Avevo ripreso a camminare e percepivo distintamente sotto i miei passi, lo scricchiolio della ghiaia calpestata che mi dava la certezza di procedere nella giusta direzione.
Avanzavo con cautela in quel primo tratto di strada pianeggiante nella voragine nera del fondovalle, quando, in un punto preciso, avvertii improvvisamente sulla pelle la carezza calda dell'aria notturna. Era stato come aprire la porta ed entrare in una stanza intiepidita dal tepore di una stufa. Un fenomeno repentino:nel passo precedente la temperatura era umida e fredda, in quello successivo mi ritrovavo nel mite calore della notte estiva.
Mi fermai ad ascoltare i rumori provenienti dal bosco. Cercavo di capire a che punto mi trovavo del tragitto ripercorrendo mentalmente i punti di riferimento sulla mappa del luogo che mi ero costruita di giorno. Mi giunse da molto vicino il verso cupo e prolungato di un gufo che interpretai come un'esortazione a non perdermi d'animo e a proseguire il cammino con coraggio. Bubo bubo, tu vai a caccia di prede mentre io vado a caccia di guai in questa notte senza luna né stelle. Taci adesso, fammi sentire il rumore della cascata che non dovrebbe essere lontana...sì, eccolo...lo scroscio dell'acqua che precipita nel torrente dalla roggia.
Tra poco dunque avrei dovuto attraversare il ponticello di legno protetto da un robusto steccato. Da lì la strada prendeva a salire snodandosi in tre tornanti successivi per terminare in un breve rettilineo che fiancheggiava la chiesa e sbucava in piazza.
Alzai la testa verso l'alto e vidi che il confine della massa scura delle piante si ritagliava nel cielo lievemente schiarito. I miei occhi che si erano via via abituati al buio cominciavano a scorgere dettagli che prima non vedevano.
Mi muovevo protesa in avanti a piccoli passi e rimpiansi di non aver portato l'ombrello col manico lungo. Avrebbe potuto servirmi da bastone per ispezionare il terreno davanti a me e aiutarmi a mantenere la corretta direzione sulla strada. Ero stanca e sudata. Cominciavo ad averne abbastanza di quell'avventura rischiosa che mi teneva in uno stato di costante tensione e paura. Lo sforzo continuo di immaginare mentalmente il percorso e calcolare la distanza che ancora mi separava dalla salvezza, mi aveva sfinito e avevo smarrito la cognizione del tempo. Avvertivo anche la strana sensazione di aver perso consistenza fisica e di essermi trasformata in un'ombra fluttuante nel buio della notte. Mi vennero in mente immagini di fate e streghe che popolano i boschi e mi domandai se, tra le tante, ce n'era una addetta al soccorso dei viandanti notturni che potesse assistermi.
Dal bosco esalava il profumo intenso e dolce dei ciclamini insieme all'odore pungente della muffa del sottobosco. Nonostante l'ansia crescente che mi soffocava, ero sorpresa e inebriata dalla grande varietà di fragranze che percepivo con l'olfatto e mi concentrai nel tentativo di distinguere i profumi che coglievo nell'aria. Sentivo l'odore delle mele sugli alberi, del fieno tagliato, dello sterco degli animali, anche l'acqua aveva un odore, ma tutto ciò non mi era al momento di nessun conforto.
Alla mia sinistra in basso ora intravvedevo la sagoma scura del mulino addossata alla collina. Un luogo magico, di grande suggestione che di giorno avevo potuto ammirare e fotografare. L'edificio conservava ancora l'antica ruota di legno che un tempo muoveva gli ingranaggi per macinare il grano e la segale. Di recente era stato ristrutturato dai nuovi proprietari che ne avevano fatto una residenza estiva immersa nel verde dei boschi e dei prati che digradavano fino al ruscello. Ero dunque arrivata al ponte di legno, il rumore dell'acqua della cascata era inconfondibile. Oltrepassai con circospezione le travi e mi ritrovai nuovamente sulla ghiaia del sentiero che saliva. Non so se la fata che avevo invocato poco prima avesse deciso che avevo superato la prova e fosse tempo di darmi una mano, ma in quel momento il cielo che fino ad allora era stato coperto, si rasserenò. Le nuvole diradarono scoprendo una splendida luna piena che rischiarava la mia strada come un faro che guida in un porto sicuro.

Filo

Commenti

  1. una prosa avvincente nella descrizione del buio esistente fuori e dentro.
    grazie, filo e supernova :)

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