Cambiare

Mi sembra una sorta di mancanza di igiene, questa inerte permanenza della mia vita uguale e identica nella quale giaccio, rimasta come polvere o sporcizia sulla superficie del non cambiare mai. Così come laviamo il nostro corpo dovremmo lavare il destino, cambiare vita come cambiamo biancheria: non per provvedere al sostentamento della nostra vita, come col cibo o col sonno, ma per quell’estraneo rispetto per noi stessi che giustamente si chiama pulizia. C’è gente per la quale la mancanza di pulizia non è una disposizione della volontà ma un’alzata di spalle dell’intelligenza. E ci sono anche persone per le quali lo squallore e l’uniformità della vita non sono una forma di volontà o un naturale adeguamento a ciò che non volevano, ma una cancellazione della comprensione di se stessi, un’ironia automatica della conoscenza. Ci sono persone sporche che detestano la loro sporcizia ma non se ne allontanano per quell’attrazione dell’abisso grazie al quale chi è terrorizzato non si allontana dal pericolo. Esistono persone sporche di destino, come me, che non si allontanano dalla trivialità quotidiana per il medesimo fascino che provano per la propria impotenza. Sono uccelli ammaliati dall’assenza di un serpente; mosche che volano cieche sui rami fino ad arrivare alla portata della lingua vischiosa del camaleonte. Così porto a spasso lentamente la mia consapevole inconsapevolezza sul mio ramo d’albero dell’abitudine. Così porto a spasso il mio destino che avanza senza che io avanzi; e il mio tempo che procede senza che io proceda. E niente mi salva dalla monotonia, se non questi brevi commenti che tesso intorno a lei.

Fernando Pessoa

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