Il mulinello emotivo del Natale

Il mulinello emotivo del Natale. Dove vorticano frenesie e instabilità caratteriali. Dove le solitudini sono accecate dall’obbligo degli addobbi. Dove fai una fatica immensa a restare fermo. A non arrenderti alla follia del movimento inutile. Obbligatorio. Un vortice che risucchia nel precipizio di un falso valore. La grande bugia che sospende l’azione, falsifica la relazione, confonde l’orientamento. Che propone l’ennesimo abbandono alla menzogna. L’ultima cosa di cui avrebbe bisogno l’Italia e l’Occidente. Forza rapporti parentali. Il non luogo dove il bambino nato per essere poi crocifisso con infinito sadismo del padre e rassegnazione degli esseri umani, si mescola sapientemente al consumo, ai doni, agli alberi riempite di palle. Dove si fa l’elogio del bue e dell’asino, ancora l’elogio dell’asino, come se non bastassero i tanti elogi che ha già ricevuto per essere stato niente più che un asino. La dimensione che consente, nello sfavillare della ricchezza e nel fasto di portate pantagrueliche, di fare l’elogio della mangiatoia. Quasi per sfregio. Un’abbuffata che sa di buffonata, o viceversa. Il digiuno servito in salsa tonnata e confezionato nelle lucine psichedeliche dei supermercati. Il freddo emotivo, scaldato per convenzione, dai cartoni di panettoni e pandori che ti aspettano dall’anno prima. Buoni buoni, come dicono i bambini seviziati nelle pubblicità. Sarà. Se lo dicono loro. Per me ti fanno solo scoreggiare. Le poche volte che va bene. Quando non finisce in strage familiare.

Carmelo Albanese

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