La grande ora della vita

Perché lui era stato come una pietra legata a una corda e fatta girare più svelto sempre più svelto e a farla girare era il vento era la bufera d’autunno era la disperazione, l’amore. E così follemente girando non si distingueva più che forma aveva, era diventato una specie di anello fluido e palpitante. Lui era un cavallo di giostra e a un tratto la giostra si era messa a girare in modo pazzo più svelta sempre più svelta e a farla girare così era lei, era Laide, era autunno, era la disperazione, l’amore. E così follemente girando lui cavallo aveva perso la forma di cavallo non era più che un festone bianco vibrante, una vibrante cortina di colore bianco a frange dorate, non era più lui, era un essere che nessuno prima conosceva e col quale comunicare era impossibile perché lui non stava ad ascoltare nessuno, non poteva ascoltare, egli ascoltava soltanto se stesso sibilare nel vento, per lui nulla esisteva fuori che lei, Laide, quella spaventosa precipitazione, e nel vortice egli non poteva neppure vedere il mondo intorno, tutta la restante vita anzi aveva cessato di esistere, non esisteva più, non era mai esistita, il pensiero di Antonio era interamente succhiato da lei, da quella vertigine, ed era un patimento era una cosa terribile, mai lui aveva girato con simile impeto, mai era stato così vivo. Ma ecco la giostra fermarsi ecco fermarsi il sasso legato alla corda, il cavallo si è solidificato in forma di cavallo e la pietra legata alla corda adesso pende immobile e si riesce finalmente a distinguere, è un sasso. Antonio non gira più trascinato dalla tempesta, Antonio è fermo è tornato ad essere Antonio e ricomincia a vedere il mondo come prima. Nella notte si guarda intorno. Dio Dio che cos’è quella torre grande e nera che sovrasta? La vecchia torre che gli era sempre rimasta sprofondata nell’animo da quando era ragazzo. Della terribile torre però poco fa, nel turbine, si era completamente dimenticato, la velocità il precipizio gli avevano fatto dimenticare l’esistenza della grande torre inesorabile nera. Come aveva potuto dimenticare una cosa così importante, la più importante di tutte le cose? Adesso era là di nuovo si ergeva terribile e misteriosa come sempre, anzi sembrava alquanto più grande e più vicina. Sì l’amore gli aveva fatto completamente dimenticare che esisteva la morte. Per quasi due anni non ci aveva pensato neppure una volta, sembrava una favola, proprio lui che ne aveva sempre avuto l’ossessione nel sangue. Tanta era la forza dell’amore. E adesso all’improvviso gli era ricomparsa dinanzi, dominava lui la casa il quartiere la città il mondo con la sua ombra e avanzava lentamente. Ma intanto lei, portata via dal sonno, inconsapevole del male che ha fatto e che farà, si libra sotto i tetti i lucernari le terrazze le guglie di Milano, è una cosa giovane piccolissima e nuda, è un tenero e bianco granellino sospeso pulviscolo di carne, o di anima forse, con dentro un adorato e impossibile sogno. Attraverso la stratificazione di caligini il riverbero rossastro dei lampioni ancora accesi la illuminava dolcemente facendola risplendere con pietà e mistero. E’ la sua ora, senza che lei lo sappia è venuta per Laide la grande ora della vita e domani sarà forse tutto come prima e ricomincerà la cattiveria e la vergogna, ma intanto lei per un attimo sta al di sopra di tutti, è la cosa più bella, preziosa e importante della terra. Ma la città dormiva, le strade erano deserte, nessuno, neppure lui alzerà gli occhi a guardarla.

Dino Buzzati

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