Non ci sono solo le arance

La gente non ha mai avuto problemi a cancellare il passato quando dava troppo fastidio. La carne brucia, le foto bruciano e la memoria, cos’è? Nient’altro che il vaneggiamento imperfetto di stolti che non vogliono convincersi della necessità di dimenticare. Quello poi che non si può distruggere si può alterare. I morti non urlano. C’è una certa attrattiva in ciò che è morto. Preserva infatti tutte le qualità migliori della vita senza nessuna di quelle noiose complicazioni consuete fra gli esseri viventi. Stronzate, lamentele, bisogno d’affetto. Si può vendere all’asta, esporre, collezionare. E’ molto più comodo fare il collezionista di oggetti curiosi perchè se sei curioso, devi avere moltissima pazienza, stare lì ore e ore e vedere cosa succede. Devi aspettare sulla spiaggia finchè non comincia a fare freddo, o sei costretto a investire i tuoi risparmi in una barca col fondo di vetro, che è molto più cara di una canna da pesca, ma ti mette in contatto con gli elementi. Chi è curioso è sempre in pericolo. Se sei curioso rischi di non far più ritorno a casa, come quegli uomini che vivono adesso con le sirene sul fondo del mare. O coloro che scoprirono Atlandide. [….] Perciò, essendo ragionevole, il collezionista si circonderà piuttosto di cose morte e ripenserà a quando il passato viveva, si muoveva ed era popolato. Il collezionista vive in una stazione ferroviaria abbandonata e guarda vecchi filmati di treni in movimento. E’ il morto vivente primordiale. Per questo il passato, proprio perchè è passato, si rivela malleabile solo là dove una volta era flessibile. Una volta poteva cambiare idea, ora può solo subire un cambiamento. Le lenti possono essere tinte, deformate, spaccate. Quello che importa è che l’ordine alla fine prevalga… e se si è un gentiluomo del Settecento, che abbassa le tendine mentre la carrozza sobbalza sui sassi di un valico alpino, bisogna sapere quello che si sta facendo, fingendo un ordine che non esiste solo per darci una sicurezza che può esistere. C’è ordine ed equilibrio nelle storie.

Jeanette Winterson

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