L’amore disinterrato

Che: fugacità della sua morte
Già trenta anni? cioè abbiamo potuto continuare a restare per trent’anni in un mondo in cui lui non c’era? cioè c’è una generazione che ha potuto nascere crescere e procreare in un mondo in cui da trent’anni lui manca? come concepire il mondo per trent’anni senza lui? l’america senza lui? (se addirittura dicevamo agli europei che doveva essere triste non essere latinoamericani perché lui era il primo esemplare di quell’uomo futuro che l’america avrebbe partorito un giorno egli fu quell’essere di carne che era già nella leggenda o al contrario quell’eroe da epopea con il quale fino a poco fa prendevamo un caffè egli fece sentire nobile la nostra america sentirsi degna quando a cuba era più america che mai e andavamo lì orgogliosi di essere nati nel suo stesso continente nella sua stessa epoca e dell’ammirazione e dell’affetto dell’umanità quando si parlava di una qualsiasi delle sue imprese o delle sue difficili virtù avevamo in un certo modo la pretesa che ce ne spettasse una parte…) cioè stiamo noi senza il che dopo aver lasciato il che senza noi (si stava pericolosamente convertendo in una scusa egli faceva per noi quello che noi dovevamo fare egli faceva quello che noi sapevamo di dover fare ma non facevamo quello che avremmo voluto fare ma non facemmo quello che inevitabilmente dobbiamo fare ma non facciamo ed eravamo soddisfatti lui lo faceva bene tutto faceva bene e lo lasciammo solo comandante senza esercito noi l’esercito stavamo applaudendo da lontano il suo modo di essere uomo ammirando la sua rettitudine commovendoci per la sua integrità di uomo…) forse credendolo così grande credemmo che non fosse necessaria la nostra piccolezza ai suoi ordini e perché lo credevamo invulnerabile non facemmo nulla perché quegli indios impenetrabili trovassero una fessura nella pietra dell’anima attraverso la quale potesse penetrare una volta per tutte il futuro a rischiarare le cose delle loro tenebre nulla facemmo mai affinché quella india con una figlia malata sapesse chi la stava assassinando da tanto tempo e chi ci stava salvando lei prese i cinquanta pesos che le diede il che e qualcuno lo denunciò e noi lo tradimmo perché non eravamo con lui davanti a lui vicino a lui dietro di lui quando lo accerchiarono i militari e i lupi (lupi e lupi) ora è difficile credere che lui sia potuto morire un giorno ma fu ancora più difficile trent’anni fa perché il mondo non poteva immaginare che la misera morte degli uomini potesse toccarlo perché la morte è così poca cosa e un tenente prado è poca cosa e un generale ovando è ben poca cosa (e noi ci aggrappavamo alle menzogne della stupidità armata alle contraddizioni dell’infamia cercando di trovare in esse il segnale che era vivo diventando d’un tratto esperti di logica come se i gorilla avessero la nostra logica esperti di trucchi fotografici analizzando la sua barba temendo che fosse lui ma parlando del cristo del mantegna e di sculture del barocco…) quando fidel disse che era morto abbassammo la testa e raccogliemmo il mucchietto di ricordi come facciamo ogni volta che qualcuno muore come per ricomporlo perché ce lo restituissero completo senza buchi i suoi polmoni e il suo ventre integre le ossa che dissero di aver spezzato per metterlo in un barile intatta la sua pelle che dissero di aver bruciato affinché la sua tomba non diventasse luogo di pellegrinaggio però cazzo dissi se non c’è un solo cespuglio in america dove non lo abbiano ammazzato non c’è un solo luogo che non sia la sua tomba di combattente e martire e ci sentimmo miserabili un po’ in colpa per la sua solitudine ma ancora inorgogliendoci per quello schiaffo finale che in nome di noi tutti diede a tutti i colonnelli sulla faccia di selniche e riempendoci di odio più di quanto un essere umano possa sopportare contro quel barrientos ibrido di gorilla e di G.I. che si fregava le mani e contro la nostra stessa cosa? codardia dogma comodità mutilazione? e allora solo allora desiderammo essere stati a valle grande essere morti accanto a lui meglio al posto di lui… qualcuno disse quel giorno che il gran barbudo dell’isola del caribe era rimasto solo no cazzo dissi lui è lì con dieci milioni di compagni che lo amano e i rivoluzionari del mondo che lo ammirano quelli che sono rimasti soli e senza scuse siamo noi quelli che sempre sono stati soli perché abbiamo voluto stare soli viziosamente soli occupati della nostra domesticità blablablaterando della rivoluzione prima di andarcene a bere o a dormire e quegli altri che ormai neppure parlano di rivoluzione e non si trattò più di essere morti al suo posto ma di unire le nostre solitudini e le nostre piccolezze per rimpiazzarlo fra tutti né di essere stati al suo posto ma di andare al suo posto noi almeno quelli che non si erano imputriditi… e molto tempo dopo persino nei villaggi più remoti di asia e di africa abbiamo visto contadini discutere i loro problemi agrari intorno a un tavolo sulla terra sotto la bandiera del loro paese e uno stendardo con l’immagine dell’uomo dalla stella sulla fronte e sui muri delle nostre città dipinta l’immagine ripetuta dell’uomo dalla stella sulla fronte e le adolescenti che non lo hanno conosciuto portare nel petto sui seni l’immagine dell’uomo dalla stella sulla fronte… repentina arrivò la carognata della storia attoniti entrammo in una specie di vacanza ideologica quando all’improvviso nessuno seppe nulla né credette più in nulla e invece di maledirci e di odiarci come se piangessimo per la nostra impotenza ho cominciato a chiedere che era stato in che ansa delle viscere dell’america avevamo perso l’uomo nuovo che aspettavamo e per il cui avvento alcuni avevano dato la vita che ne era stato da quando lo abbandonammo con la sua guerriglia fantasma nella selva che ne era stato quando il neoliberismo diventò “l’unica forma universale di governo” con la discola eccezione di cuba quando perché lo avevano ucciso credettero che fosse morto e annunciarono “la fine della storia” come se ormai tutti pensassimo allo stesso modo con la indocile eccezione del chiapas e di cuba ma io so sappiamo che la storia non può finire prima che ritorni l’uomo nuovo che lui annunciò portandolo con sé come la più bella utopia dell’america e per questo lo aspetto per poter continuare ad essere vivo e poter continuare ad aspettare quello che verrà e allora che? hasta la victoria siempre?

Jorge Enrique Adoum “L’amore disinterrato e altre poesie” 2002

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