Memorie di un cacciatore

Più dolorosa era la sua posizione per il fatto che la provvida natura non s’era data la briga di accordargli pur una sola briccica delle attitudini e dei doni senza di cui il mestiere di capameno è quasi impossibile. Non sapeva, per esempio, né ballare fino a non poterne più in una pelle d’orso messa a rovescio, né celiare e fare il vagheggino nell’immediata vicinanza degli staffili imbizzarriti; esposto nudo a un gelo di venti gradi, a volte si raffreddava; il suo stomaco non digeriva né il vino misto a inchiostro e altre sudicerie, né l’agarico moscario e le rossole con l’aceto. Il Signore solo sa ciò che sarebbe stato di Tichon, se all’ultimo dei suoi benefattori, un appaltatore arricchito, non fosse saltato in mente, in un’ora d’allegria, di aggiungere nel proprio testamento: «e a Ziosia (alias Tichon) Niedopiuskin lascio in perpetua ed ereditaria proprietà il villaggio di Bezselèndiejevka, da me regolarmente acquistato, con tutte le dipendenze».

Ivan Sergeevic Turgenev

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