Il "piacere"

Il "piacere" è una sensazione di benessere che è legata specialmente alla parte istintivo-corporea della persona (il piacere del bere, del mangiare, del sesso, del danzare, del giocare, della propria grandezza, del sapere, del dominare, del vendicarsi). E' una sensazione intesa, forte, assorbente, ma si esaurisce in un tempo breve. La "gioia" è una sensazione di benessere più ricca, coinvolge gli aspetti più alti della persona, cioè la sua conoscenza, le sue decisioni, la sua libertà, la sua creatività. Nel piacere la persona è piuttosto passiva, perché si lascia invadere dalle cose per provare piacere; nella gioia la persona è attiva, perché costruisce le realtà che formano il suo stato di benessere. La "felicità" è la sensazione di benessere che si ha quando ogni desiderio viene colmato e non resta più nulla da desiderare. È uno stato che non potrà mai essere realizzato nel tempo presente, perché l'uomo in ogni momento della sua storia porta in sé una serie infinita di benessere che nessuna esperienza può colmare: nel momento stesso in cui gioisce avverte l'insufficienza di questa gioia, se non altro perché sa che finirà. La "beatitudine" è la sensazione piena di benessere che si raggiunge nell'incontro con Dio. Queste diverse sensazioni dovrebbero integrarsi formando un cammino che dallo stadio più elementare del piacere si eleva fino alla beatitudine. Invece vediamo che spesso si ostacolano. Il piacere male inteso impedisce la beatitudine, come avviene nelle persone che vivono per il loro ventre o per i soldi. A sua volta la beatitudine male intesa impedisce il piacere come avviene nelle persone rigide, che vivono la vita come un perenne lutto. Per questo il cristiano si chiede come deve concepire il piacere, senza esaltarlo e senza sminuirlo. Il piacere, allora, è necessario alla vita, perché è il riposo che dà alla persona la voglia di vivere e l'aiuta a continuare il cammino spesso faticoso. San Tommaso ricorda che "nessuno può vivere senza piacere" (I-II, q. 34, a. 1, c.). Ma esso può diventare un ostacolo e arrestare il cammino perché può dare l'illusione di essere la felicità, cioè il punto di arrivo della vita. Per questo la persona deve educarsi a vivere con equilibrio la ricerca del piacere. Non deve disprezzarlo, perché è un'esperienza che aiuta nel cammino della vita; ma non deve esaurirsi in esso, perché arresterebbe il suo cammino verso le forme più alte del benessere, perdendo la gioia e dimenticando la sua vocazione alla beatitudine.

G. Muraro

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