Rose e cenere

Quanto all’appetito di Eustace Chisholm per la corrispondenza degli altri, può darsi che avesse la sua genesi nella frequenza con la quale lui batteva le strade della città. A differenza delle piccole città, le grandi metropoli accolgono gente di passaggio senza fissa dimora che si porta dietro con noncuranza le sue lettere o le perde o le butta via. Per lo più i passanti non si prendono la briga di chinarsi a raccogliere tali lettere perché pensano che non debbano contener nulla che possa interessarli ma solo far perdere tempo. Per Eustace non era così. Lui studiava scrupolosamente le lettere trovate e non destinate a lui. Ai suoi occhi esse rappresentavano tesori di perfetta eloquenza. Per lui il paradiso sarebbe potuto consistere nella lettura dell’epistolario amoroso d’ogni scrittore, non importava se inconseguente o persino illetterato, che avesse scritto una vera lettera d’amore. Ciò che rendeva eccitante la ricerca era la possibilità di incappare in quella rara cosa: la voce autentica, nuda, manifesta dell’amore.

James Purdy

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