Un po’ di febbre
Capisco l’angoscia della notte. Il giorno: amore della folla. La sera ho quasi paura d’esser solo. E sento che è sempre amore. Ma cambia la persona. (Faccio una poesia quasi religiosa, ma sempre partendo dalla contemplazione di un’«umana figura».) Ma ieri sera nel dormiveglia una cosa importante: rientro nella sensazione di quando arrivai a Roma da Milano, l’estate di un anno e mezzo fa. Sento con lucidità l’amore della città come persona, la città per la sua luce estiva, i suoi ragazzi che sento come compatti, cellule di un solo organismo, ed io estraneo, innamorato che si meraviglia che la persona amata sta rivivendo all’infuori di lui! Ma bello amare. Non soltanto la persona. Eppure è una persona: una città, con la sua luce, i suoi ragazzi. Dunque: altra forma di amore. Religioso? Umano. Ma forte. E ricordare il sogno più di questi cattivi appunti. Non sogno: lucido quello che avevo sentito confuso, niente di più.
Sandro Penna
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