Cara Francesca

Cara Francesca,
questa lettera non nasce da una penna ma dalla mia stessa voce. Sto guidando e, per non perdere le parole strada facendo, ho deciso di registrarmi. Ricordi quella volta in cui ti telefonai a notte fonda per chiederti di farmi compagnia mentre tornavo a casa dal concerto dei Radiohead? Io parlavo e ogni tanto ti sentivo silenziosa come una persona che dorme e ti assicuro che si tratta di un silenzio profondamente diverso. Ma andava bene anche così. Da piccolo credevo che, addormentandomi con le cuffie e l’audiocassetta della lezione in sottofondo, l’indomani mi sarei svegliato con tutte le parole al posto giusto, in file ordinate nella mia testa. Ecco perché ti dicevo le cose più belle mentre dormivi al telefono e la linea bianca dell’asfalto mi accompagnava lentamente, sempre alla mia destra. Quelle parole non posso più dirtele, adesso che hai cambiato numero di telefono, adesso che hai deciso di non aspettarmi più, adesso che non so più dove fiondarmi a notte fonda, adesso che non so dove portare a spasso le mie ruote. Ci sono amori che nascono nello stesso quartiere o nella stessa città. E poi ci sono amori che fanno dei chilometri una ragione di vita. Sono amori veloci ma non per questo meno profondi. Cominci a misurare l’amore in chilometri macinati, in ginocchia doloranti, in caffè notturni in autogrill popolati da camionisti e puttane, in squilli al ritorno. Guidare non sarà più un peso. Non lo è neanche adesso che ho deciso di guidare per trecento chilometri per imbucare questa lettera nella tua città, nella casella postale sotto casa tua. Non so se hai cambiato indirizzo, non so se la strapperai, non so che faccia farai, ma so che questi ultimi chilometri percorsi per te avranno un senso solo se sarai in grado di capire che è facile amare a poca distanza l’uno dall’altra, ma non troverai tanti uomini disposti a guidare di notte per te. Sono arrivato, posso vedere il tuo balcone, è notte fonda e spero che tu non sia al telefono con un altro uomo che guida dopo averti baciato. Spengo il motore, trascrivo le mie parole in questi scontrini dell’autogrill e li mando a te. Stanotte.
Tuo, Federico

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