Cristo si è fermato ad Eboli

Sono arrivato a Gagliano un pomeriggio di agosto, portato in una piccola automobile sgangherata.
Avevo le mani impedite, ed ero accompagnato da due robusti rappresentanti dello Stato, dalle bande rosse ai pantaloni e dalle facce inespressive.
Ci venivo malvolentieri, preparato a veder tutto brutto, perché avevo dovuto lasciare, per un ordine improvviso, Grassano, dove abitavo prima, e dove avevo imparato a conoscere la Lucania.
Era stato faticoso dapprincipio. Grassano, come tutti i paesi di qui, è bianco in cima ad un alto colle desolato, come una piccola Gerusalemme immaginaria nella solitudine di un deserto.
Amavo salire in cima al paese, alla chiesa battuta dal vento, donde l’occhio spazia in ogni direzione su un orizzonte sterminato, identico in tutto il suo cerchio.
Si è come in mezzo a un mare di terra biancastra, monotona e senz’alberi: bianchi e lontani i paesi, ciascuno in vetta al suo colle, Irsina, Craco, Montalbano, Salandra, Pisticci, Grottole, Ferrandina, le terre e le grotte dei briganti, fin laggiù dove c’è forse il mare, e Metaponto e Taranto.

Carlo Levi

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