I dolori del giovane Werther

Ti confesso senz’altro, perché so cosa mi diresti al riguardo, che i più felici sono coloro che, come i bambini, vivono alla giornata, portando con sé le loro bambole, svestendole e rivestendole e aggirandosi con grande devozione intorno allo stipo dove la mamma tiene chiuso il pane burrato e che, quando finalmente agguantano ciò che desideravano, lo consumano divorandolo avidamente e gridano: “Ancora!”. Gli esseri felici sono questi. Stanno bene anche quei tali che impongono nomi sonanti alle loro miserrime occupazioni o addirittura alle loro passioni e le gabellano al genere umano per titaniche imprese rivolte ala sua salvezza e al suo bene. Fortunato chi sa essere così! Invece colui che, nella sua umiltà, bene intende dove tutto ciò vada a finire e vede con quanta grazia ogni dabbene cittadino sappia trasformare in un paradiso il proprio giardinetto, e con quanto impegno anche gli infelici procedano ansimando sotto il peso della propria soma, e come tutti quanti abbiamo in comune l’interesse di vedere la luce di questo sole per un minuto di più, colui tace e pure si foggia da sé il proprio mondo, ed è anche lui felice di essere uomo. E allora, pur così rinserrato com’è, conserva nel cuore il sentimento dolce della libertà e del poter uscire da questo carcere quando egli lo voglia.

Johann Wolfgang Goethe

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