La fortezza della solitudine

I fumetti Mingus Rude li trattava come una delicata presenza vivente, un pezzo di carne ancora pulsante che lui e Dylan potevano guarire con la fissità assoluta dell’attenzione, con venerazione. Il sovrapporsi delle storie dei diversi personaggi era una sfera di competenza […] Dylan inorridì scoprendo quanto tempo aveva lasciato passare, quanta cultura storica essenziale. Non importa quel che pensavi di sapere. Silver Surfer, per esempio, era una situazione impossibile da capire veramente se ci entravi troppo tardi. Mingus si limitava a scuotere la testa. Chi aveva voglia di provare a spiegare qualcosa di così tragico e mistico?
Ogni martedì all’edicola arrivavano i fumetti nuovi. Mingus Rude ne aveva sempre delle pigne, comprati o rubati, Dylan non faceva domande. Alcuni erano bimestrali, altri mensili, lo scoprivi leggendo la pagina delle lettere, e montava in te l’aspettativa per i numeri speciali, gli Annuals e i numeri unici tipo Avengers-Defenders Wars o Origins. In Origins si scopriva in che modo cominciavano i supereroi, e la risposta generalmente era: radiazioni. Negli Annuals e nelle Wars potevi soddisfare, almeno temporaneamente, curiosità su chi poteva darle a chi. Hulk e Iron Man si affrontavano per una pagina o due, ripromettendosi sempre di chiudere definitivamente i conti in un’altra occasione.
La fidanzata dell’Uomo Ragno, Gwen, era stata uccisa da Goblin, non c’era proprio nulla di divertente. Per questo l’Uomo Ragno era sempre così depresso.
Capitan Marvel non era Shazam, questo mandava in confusione. Era stato riesumato per riaffermare il copyright sul nome, e nessuno sapeva dire se davvero c’entrava con l’Universo Marvel. La DC Comics, antitesi della Marvel, presentava una realtà ridicola e appiattita: Superman e Batman erano dei poveretti, rovinati dalla televisione.[…]
Swamp Thing era copiato da Man Thing, o viceversa.
Su certi titoli pendeva una cappa di disagio. Artisti diversi disegnavano gli stessi personaggi in modi diversi: facevano male gli occhi a cercare di venirne a capo, di garantire continuità a quelle storie zoppicanti. I supereroi più deboli venivano sostenuti dalla comparsa come ospiti dell’Uomo Ragno o di Hulk, confondendo terribilmente le cronologie. Einstein avrebbe potuto perdere la testa nel tentativo di spiegare come avessero fatto i Fantastici Quattro ad aiutare gli Inumani a combattere l’Uomo Talpa visto che da diversi numeri della loro rivista risultava chiaramente che erano sempre intrappolati nella Zona Negativa.
L’Incredibile Hulk, a seguirlo con attenzione nel corso del tempo, perdeva l’uso dei pronomi.

Jonathan Lethem, La fortezza della solitudine; il Saggiatore, 2004

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