Lettera di una figlia

Cara Sicilia, l'amore che ci unisce è così grande che spesso l'odio rimane senza aria e deve uscire a respirare.
Certe volte mi specchio nel tuo mare e nel tuo cielo, i pensieri interrompono il loro corso e sfociano in un unico sospiro, che sa di pace, di serenità. Mi nutro della tua bellezza che molti cercano di deturpare. Perché quando il progresso incalza, la natura si deve mettere da parte. Ma tu irrompi, ti fai spazio a gomitate, non ti lasci piegare, come le ginestre che nascono dove le colate laviche distruggono. E sei un piacere per gli occhi e per l'anima.
Ti hanno imbrattato il nome con sangue e acido, con paura e omertà. Ti hanno tappato le ali con ingiustizie e discriminazioni. Perché sei arida in tutto e viverti non è sempre facile. Una bella donna difficile da domare. Ma io ti spoglio dei tuoi difetti e mi prendo il tuo cuore caldo. L'affetto della gente, la bellezza del panorama, il cibo sano, il clima tropicale, le tradizioni intramontabili, il folklore esagerato, i parenti invadenti, i pranzi alle tre del pomeriggio e le cene delle nove mezzo di sera, le tavolate che non finiscono più, gli abbracci soffocanti, l'unicità di un'isola che naviga in mezzo al mare. Il dialetto. Perchè la nostra lingua non è quella dei mafiosi, semmai sono loro che parlano come noi.
Come una madre, vedi partire i tuoi figli in cerca di possibilità che il tuo ventre sterile non ha mai dato. E come una madre, li riaccogli a braccia aperte al loro ritorno. Stare lontani da te non è facile, sai? Tutti lasciano il cuore nelle tue mani. Perché la notte senza il faro rosso della tua Etna, che illumina più della luna, disorienta. Perché il giorno senza il sole che ci alimenta, spegne. Non sappiamo stare né con te, né senza di te. E consapevoli di ciò, vaghiamo per il mondo con una trinacria tatuata nell'anima. Riconoscerci è facile: abbiamo la lava che ci scorre nelle vene, il vento delle Eolie nei respiri, il mare nelle lacrime. E te in ogni fibra.

Claudia Cavallaro

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