Nel nome della libertà

Aung San Suu Kyi

Se il coraggio avesse un sesso, sarebbe sicuramente donna. Se avesse un nome, sarebbe Aung San Suu Kyi. Se avesse un viso, sarebbe segnato da 69 anni di vita, di forza, di dolore e di determinazione.

La semplicità dei modi ha da sempre caratterizzato il suo grande attivismo politico. Figlia dell’esponente politico Aung San del Partito comunista della Birmania, Aung San Suu Kyi fin da piccola si è avvicinata alla sfera politica. Crescendo è diventata parte integrante di questo mondo, fondando nel 1988 la “Lega Nazionale per la Democrazia” contro il duro regime militare guidato dal generale Saw Maung, contro il quale combatte dalla notte dei tempi.

Da quel momento la sua vita cambiò radicalmente: fu condannata agli arresti domiciliari e, nel 1990, nonostante il suo partito avesse ottenuto una grandissima vittoria alle elezioni politiche, il regime militare prese il potere con la forza.
L’anno successivo vinse il premio Nobel per la pace, che ritirò solo molti anni dopo, nel 2012, a causa dei ripetuti anni di arresti domiciliari.
Nel 1999 il marito Michael la abbandonò a causa di un tumore: non le fu concesso di dargli l’ultimo saluto, di poterlo accarezzare ancora una volta, prima dell’addio.
Nonostante tutto, la forza d’animo e gli insegnamenti del Mahatma Gandhi, sua grande fonte di ispirazione, la aiutarono ad andare avanti e a non mollare mai.

Aung San Suu Kyi aveva un progetto e nulla sarebbe riuscito a farle cambiare idea: la Birmania non meritava la devastazione e la povertà che stava subendo, gli uomini non dovevano aver più paura di uscire per le strade, i bambini dovevano crescere liberi.
Tutto il mondo si interessò al suo operato sociale e politico; le furono dedicate canzoni censurate dal governo militare, ricevette la laurea honoris causa dall’Università di Bologna, le fu conferita la Medaglia d’Onore dagli Stati Uniti per il suo grande impegno vicino ai diritti umani.
Ora è libera, ma la strada è ancora lunga.

Un’icona della non-violenza, una donna grande di spirito, una roccia scalfita dagli eventi, ma ancora intatta e forte.
Oggi, a quasi settant’anni di lotta politica, Aung San Suu Kyi è un modello ancora vivo e attivo.
Porta con sé tanta esperienza e tanti insegnamenti, tra cui l’auspicio a non arrendersi mai, a lottare per quello in cui si crede, a perseverare nelle proprie, giuste convinzioni, a perdonare, o almeno cercare di comprendere, chi fa del male, assetato di potere e fama.
Lei è il mio grande idolo, lei è la donna che tutti dovrebbero essere, lei è Aung San Suu Kyi, e le parole non sarebbero mai abbastanza per descriverla.

Giulia C.

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