Donne e uomini vuoti

Ho meditato a lungo sulla necessità di accettare l'esistenza di quello che avevo studiato sotto la categoria di male morale. Accettare davvero la capacità dell'uomo di distruggere l'uomo, senza rendersi conto di cosa comporta. Un deficit di empatia, più che una ferita ferina o diabolica: la famosa banalità del male. Mi fa paura questo cuore buio del mondo, dove si produce eternamente la possibilità che la crudeltà, la violenza, l'omicidio, ritornino...
Ho picchiato la testa contro il muro per anni finché non sono riuscita a far scendere dal cervello al cuore e alla pancia le parole insistenti della mia analista: la necessità di accettare che esistono persone prive della capacità di intendere davvero la sofferenza inflitta all'altro e di curarsene. Ho capito l'assurdità della domanda. Nella mia vita è un percorso sterile che non porta a nulla...
Esistono gli "uomini vuoti", ma il mondo non per questo si svuota di senso, diventando un deserto senza speranza. Appassisce un'illusione infantile che cede il passo alla consapevolezza che il senso va costruito, con fatica...
L'intuizione dell'umanità impoverita, di chi non sa darsi conto e cura delle sofferenze altrui mi ha portato a desistere, colmandomi di un sentimento di pena, mista a distacco. Senza rabbia né rassegnazione. Solo, la determinazione a fare altrimenti. Nel mondo il male esiste, dentro all'uomo, mescolato alla vita. E' necessario saperlo, e fare ogni cosa possibile per agire in positivo. Pensare di più, e altrimenti, scrive Paul Ricoeur la filosofia morale è pratica e dialettica, il problema del male va affrontato attraverso le azioni complementari del pensare, dell'agire e del sentire. L'ho letto a vent'anni ma ho cominciato a sentirlo scorrere nelle vene dieci anni dopo.

Benedetta Tobagi, Come mi batte forte il tuo cuore (Einaudi), Torino 2009

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