Illusioni perdute

Lucien, una volta presa la decisione, si trovò a deliberarne i mezzi, e il poeta volle finire poeticamente. Aveva dapprima pensato di andare molto semplicemente a buttarsi nella Charente; ma, scendendo lungo le rampe di Beaulieu per l’ultima volta, già udiva il clamore che avrebbe suscitato il suo suicidio, vide l’orrendo spettacolo del suo corpo tornato a galla, sconciato, fatto oggetto di un’inchiesta giudiziaria: ebbe, come capita a qualche suicida, un amor proprio postumo. Durante la giornata trascorsa al mulino di Courtois era andato a passeggio lungo il fiume e aveva notato, poco distante dal mulino, uno di quegli specchi tondi, come se ne trovavano nei piccoli corsi d’acqua di cui la superficie tranquilla rivela l’estrema profondità. L’acqua non è più né verde, né celeste, né chiara, né gialla; è come una lastra di lucido acciaio. Gli orli di quella coppa non offrivano più né gladioli, né fiori azzurri, né le larghe foglie della ninfea, l’erba all’argine era bassa e fitta, i salici piangevano all’intorno, tutti disposti in modo pittoresco. Era facile immaginare un precipizio colmo d’acqua. Chi avesse trovato il coraggio di riempirsi le tasche di sassi vi sarebbe certamente morto, e nessuno lo avrebbe mai ritrovato. “Ecco,” si era detto il poeta, ammirando quel piccolo paesaggio incantevole “un posto che ti fa venire voglia di annegarti.”

Honoré de Balzac

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