Memorie dell’aldilà

E venne la bramosia che divora, la collera che infiamma, l’invidia bavosa, e la zappa e la penna, umide di sudore, e l’ambizione, la fame, la vanità, la malinconia, la ricchezza, l’amore, e tutti scuotevano l’uomo come un campanaccio, fino ridurlo uno straccio. Erano le varie forme di un male, che morde ora le viscere, ora il pensiero, e portava eternamente in giro le sue vesti di arlecchino intorno alla specie umana. Il dolore cessava, a momenti, ma cedeva il posto all’indifferenza, che è un sonno senza sogni, o al piacere, che è un dolore bastardo. E in questo l’uomo, flagellato e ribelle, correva davanti alla fatalità delle cose, dietro una figura nebulosa e schiva, fatta di pezzetti di stoffa, uno impalpabile, l’altro improbabile, l’altro ancora invisibile, tutti appena imbastiti con punti provvisori, cuciti dall’ago dell’immaginazione; e questa figura — niente meno che la chimera della felicità — gli fuggiva continuamente, oppure si lasciava afferrare per le vesti, e l’uomo le cingeva il petto e intanto ella rideva e lo scherniva, e poi spariva, come un’illusione.

Joaquim Maria Machado de Assis

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