Riconosco

Riconosco la voce errante e distante, il soffio
sommerso nella voluttà dell’ombra, il castano chiaro
dei capelli sterili in un ritratto di epilogo.
Riconosco la fredda cifra dell’acqua, la notte perduta
in un fiato d’angeli, nel grido di fonte dell’oca.
Questa notte sospesa di un deliquio di nebulose,
immobilizzata dal tremito dei preludi, frettolosa
amante nella discesa degli abissi, avanzò, breve marea,
sommergendo l’oscura nudità delle stelle nel
finito oriente dello sguardo. Riconosco la rupe
del desiderio d’eternità assopito, un fluttuare
di precipitazioni nel ritmo delle palpebre, nel silenzio,
vago magnete dell’impazienza. Mormorio
di genesi nel posarsi delle dita, orlo dei confini
nell’abdicazione del gesto. Magico cerchio divino.

— Nuno Júdice

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