Lamento di Portnoy

Il principio che sembra generare e informare le sue opere è che lei è una sorta di ardimentosa esuberante di fronte alla vita, sempre a caccia di novità e di emozioni, solo per ritrovarsi travolta dal suo stesso spirito pionieristico. In effetti sembra pensare a se stessa come a una donna giunta al limite estremo dell’esperienza, un’abbagliante e sconfitta combinazione di Marie Curie, Anna Karenina e Amelia Earhart. Comunque, tale è l’immagine romantica con cui questo bambino va a letto, dopo che lei gli ha abbottonato il pigiama e gli ha rimboccato le coperte, raccontandogli come abbia imparato a guidare la macchina quando era incinta di mia sorella, e proprio il primo giorno in cui aveva ricevuto la patente – «proprio la prima ora, Alex» – «un pazzo furioso» le abbia tamponato il paraurti posteriore, dopodiché lei non aveva più preso in mano un volante. O la storia di quando stava cercando i pesci rossi in uno stagno di Saratoga Springs, New York, dove l’avevano portata a dieci anni per far visita a una vecchia zia malata, e per disgrazia c’era caduta dentro, proprio sul fondo dello stagno fangoso, dopodiché non aveva mai più messo piede in acqua, neppure in spiaggia, quando c’è bassa marea e il bagnino sta all’erta.

— Philip Roth

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