Libri per vivere

Penso, talvolta, quanto è grande il torto di quei genitori che no fanno sì che i loro figlioli non si vedano intorno che esempi di virtù. Mia madre, come ho detto, era oltremodo virtuosa: eppure, giunta che fui all'età della ragione, del buono che vi era in lei non imitai che poco o nulla, mentre ricevetti molto danno da quel tanto che vi era in lei d'imperfetto. Essa era una lettrice appassionata di libri di cavalleria; ricreazione che a lei era di assai minor pregiudizio che a me. Mia madre, infatti, non trascurava per questo le proprie faccende, anzi le sbrigavamo più in fretta per dedicarci alla lettura. Più che altro, poi, credo che lo facesse per distrarsi dai suoi gravi malanni e per tener occupati i suoi figli, affinché non si perdessero in altre cose. Ma a mio padre dispiaceva talmente, che bisognava stare attenti a non farsene sorprendere. Presi così l'abitudine di leggere tali libri e quella piccola imperfezione che vidi in mia madre cominciò a raffreddarmi nei miei buoni propositi e a farmi commettere mancanze in tutto il resto. Mi sembrava, infatti, che non ci fosse nulla di male nello sprecare tante ore del giorno e della notte in una così futile occupazione, benché di nascosto a mio padre. Giungo a tal punto d'infatuazione, che se non avevo sottomano un libro nuovo non mi pareva quasi di vivere.

— Teresa d'Ávila

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