Vietato l'ingresso alle donne

Racconti semiseri di un'universitaria 

I gruppi di lavoro per il laboratorio del 1º anno si erano appena formati. A me erano toccati due ragazzi. Uno di essi aveva fatto capire immediatamente quali fossero le sue intenzioni: lavorare poco e senza alcuna fretta.
L'altro, perito tecnico elettronico, fresco di assunzione nella locale filiale di una nota ditta di Elettronica, si era a sua volta presentato: amava passare il tempo in fitta e piacevole conversazione col professore di laboratorio, che trasudava una profonda ammirazione per chiunque si mantenesse agli studi.
Il laboratorio conteneva circa 12 gruppi, variamente assortiti per sesso e provenienza geografica, tutti al loro primo esperimento. Il docente ne aveva dato la traccia, che richiedeva una serie di misure effettuate con uno strumento da costruire ex-novo. L'unico del mio gruppo in grado di progettare e disegnare era, neanche a dirlo, il perito tecnico, il quale si mise all'opera non prima di aver ricevuto da me opportuni e opportunistici elogi sulle sue indiscusse qualità e capacità.
Al momento di prelevare il materiale necessario per la realizzazione del dispositivo di misura, il docente chiese: "Chi di voi viene con me in officina?". Guardai alla mia sinistra: il perito tecnico si era buttato a capofitto sul progetto, già ben definito, per un presunto perfezionamento; alla mia destra sentivo ronfare. Non persi tempo e balzai in piedi. A questo punto il professore, senza degnarmi di un'occhiata, sentenzió perentoriamente: "Le donne non le vogliamo in officina". Non scherzava.

Carlotta Blondi

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