Il gabbiano

L'ho già detto, voglio pace, perché la mia anima è soltanto mia, perché devo morire domani o tra non molto, perché devo restituire a Dio questa maschera e il mio essere, perché ne ho abbastanza dell’ardente ignominia tra uomo e donna – dettata da interesse, egoismo e vanità – denominata «amore» da una mendace e imprecisa letteratura; adesso basta. Ora voglio pace, avete sentito, originali e duplicati? Ne ho abbastanza - adesso la musica straripa - della conoscenza della materia umana. In Oriente in casi come questi le persone spariscono di casa, e si ritirano sulle montagne. Un destino più profondo e indifferente di tutto ciò che un uomo possa costruire per se stesso un giorno accoglie nuovamente i saggi e gli umili. Ne ho abbastanza della carne che rabbrividisce e freme al contatto della musica e dell’amore, ne ho abbastanza del desiderio e dell’appagamento, ne ho abbastanza del fatto che la persona che amiamo possa morire, basta con l’infame contrattazione, il mercanteggiare della libidine, della tenerezza e del ricatto di una solitudine senza speranza… Come un uomo che prova vergogna nel vortice di un ballo in maschera degenerato in gozzoviglia, e a un tratto getta via la maschera e il costume dietro ai quali si celava durante le danze. Adesso basta, signore e signori: voglio andare a casa. A casa nella mia solitudine. Ne ho abbastanza di questo ruolo da pagliaccio, non voglio più vestire i panni dell’innamorato, e non voglio più portare la maschera del seduttore; voglio nascondere il viso tra le mani e restare in silenzio, perché sono un uomo.

— Sándor Márai

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