Indagine sulle feste

Ci sono tante scene cinematografiche di feste che rendono perfettamente l’idea di cosa sia una festa anche per una persona che per assurdo non ne avesse mai vista una, ma ce n’è una che mi torna sempre in mente, fortissima, persino definitiva. È una festa in una casa di campagna in un bellissimo film francese di Oliver Assayas ambientato negli anni Settanta con protagonisti due adolescenti della provincia parigina che si chiama L’eau froide (1994). In questa grande casa, che sembra disabitata, abbandonata, si trovano ragazzi e ragazze ripresi dalla telecamera senza una direzione precisa; ci sono i baci, c’è la droga, si accende un falò sul prato davanti alla costruzione. Un pezzo dei Credence Clearwater Revival (“Up Around The Bend”) messo sul giradischi rompe la narcosi collettiva. Alcuni ragazzi iniziano a frantumare i vetri delle finestre con le sedie e poi a buttare le sedie nel falò, con la fiamma che diventa sempre più alta e incontrollata. Altri ragazzi iniziano a uscire di corsa dalla casa per andare a ballare davanti al fuoco.
Sono gli anni Settanta – e la casa vandalizzata è un simbolo didascalico dell’istituzione famigliare da abbattere – ma c’è una universalità. Il momento veramente importante della lunga scena (circa quindici minuti), che può passare quasi inosservato, è quando il pezzo dei Credence Clearwater s’interrompe con il rumore del graffio della puntina del giradischi sul vinile e poi, dopo qualche secondo, viene rimesso daccapo. A me sembra che proprio il trucco di rimettere la canzone daccapo – non ricordo altri film in cui questo succede – corrisponda esattamente alla ricerca di quell’istante perfetto di cui parlavo prima. Rimettere la canzone che ha prodotto l’attimo fuggente di felicità e libertà per riprovarlo. A questo punto nella scena si vede una cosa molto vera: un ragazzo gira intorno al fuoco camminando e si va a sedere un po’ in disparte su un muretto per guardare gli altri che ballano, poi la telecamera si sposta su un altro ragazzo, che invece sta ballando con le braccia aperte come un uccello che vola, l’oggetto dello sguardo del ragazzo seduto sul muretto. Ed è esattamente questo l’aspetto umanamente più forte di ogni festa: il fatto che ogni volta c’è qualcuno perfettamente dentro quella particolare situazione emotiva e qualcun altro che invece resta fuori e, guardando quelli dentro, si sente sempre più fuori. Questo, in fondo, succede sempre, persino a una festa di bambini in età pre-scolare. Quella persona seduta sul muretto non vuoi essere tu, così come non vuoi che sia tuo figlio.

— Cristiano de Majo

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