Tra tenebre e sole

Tra tenebre e sole

Ogni storia d'amore è un romanzo

Melany, raggiunta la sua auto, solleva gli occhi ancora umidi di lacrime di amore fraterno per salutare con un sorriso luminoso la sorella che la guarda dalla finestra.
A volte nemmeno il rapporto tra due innamorati ha la dolcezza che caratterizza quello tra Giada e Melany. Probabilmente ciò che provano è una delle forme d’amore più elevate, profonde e sincere, per questo Melany ha la gioia nel sangue, la vita nel cuore. A ogni pulsazione rivede ora l’immagine di Giada e dei suoi bimbi, ora della madre, ora del padre, ora delle sue amiche più care e fidate.
Manca l’immagine di Stefano all’appello, anzi, le appare di sfuggita e per un attimo è come se l’orologio del suo cuore smettesse di scandire amore.
Ecco che le torna in mente Mysterio. Anche con lui deve fare i conti. Con la sorella non ne ha fatto minimamente menzione, come mai? Eppure la famosa analisi di Giada le sarebbe stata sicuramente di aiuto. Magari la sorella avrebbe ipotizzato, nel suo caso, il manifestarsi della “sindrome di Stoccolma”, quel complesso meccanismo psicologico che induce a instaurare un rapporto particolare tra vittima e persecutore, specie se i due trascorrono insieme un periodo forzato abbastanza lungo, come durante un rapimento o una rapina in banca con ostaggi, rapporto che può sfociare in forme di ammirazione o addirittura di amore.
Ma forse, molto più semplicemente, aveva già messo così tanta carne a cuocere con l’argomento Stefano che sarebbe stato pesante analizzarne un altro altrettanto complesso. Inoltre si vergognava un po’, sia per un istintivo senso del pudore che per il suo comportamento troppo remissivo di fronte agli ordini assurdi di Mysterio. Nonostante tutto, però, e senza riuscire a spiegarsene i motivi, non avverte Mysterio come un problema, anzi, sente piuttosto che con lui avrà presto un confronto.
Arrivata sotto casa, intravede, tra i due pali di sostegno di un grosso cartellone pubblicitario adiacente alla via d’ingresso, le ruote di un’automobile, esattamente davanti al suo portone. Il cartellone nasconde la visuale completa della macchina e all’improvviso la coglie la paura.
“Oddio, è sicuramente Mysterio! Non pensavo che fosse già il momento. No, non adesso. Non sono pronta. Sono troppo stanca! Che faccio?”
I pensieri le ribollono in testa come fanno i dadini di pasta in una pentola di minestrone che sta cuocendo a fuoco elevato, andando sue giù in modo del tutto caotico e disordinato per effetto del forte calore.
Melany non vuole scappare un’altra volta. Ora basta con la paura.
“Sia quello che sia. Io non mi fermo”, dice tra sé spegnendo il fuoco dei suoi dubbi.
Superata la grande insegna pubblicitaria, vede che si tratta di una Bmw nera di grossa cilindrata. È la macchina di Stefano. È li che la sta aspettando.
Emozioni contrastanti la attraversano: all’immediato sospiro di sollievo perché non si tratta di Mysterio, fa subito da contraltare il sospiro pesante, oppressivo suscitato dalla presenza di Stefano, come a dire: “Ecco, siamo alle solite. Si ricomincia daccapo, arrivano i soliti litigi”.
Melany teme uno di quei suoi scatti d’ira irrazionali a cui tante volte l’ha sottoposta, e anche stavolta non si sbaglia.
“Insomma, si può sapere che diavolo ti è preso prima?”, la aggredisce verbalmente. “Mi hai fatto fare una figuraccia davanti a tutti. Sei impazzita? E poi dove sei stata finora? E più di un ora che ti aspetto e hai pure il cellulare spento!”
Lo sguardo di Melany è stupito. Stefano non è li per scusarsi. No. Tutt’altro. È solo offeso perché l’ha messo in imbarazzo di fronte agli amici facendo la gelosa per una lezione di biliardo. Nemmeno per un istante è passato per il suo cervello uno spunto di riflessione. Nemmeno per un attimo è transitato nella stazione della sua disordinata mente il treno della sensibilità, guidato dai binari della comprensione, carico del tentativo, almeno una volta, di capire realmente la sua compagna, i suoi desideri, i suoi sentimenti, le sue emozioni, il suo mondo interiore, le sue necessità.
Il bulletto ha l’orgoglio ferito ed è lì esclusivamente per chiederne conto, Tutto qui.
Melany lo fissa con un crescendo di incredulità, rabbia e delusione. Si sente così schifata che non riesce ancora a parlare. Pensa a cosa sia più giusto rispondergli razionalmente. Evidentemente l’influenza di Giada le ha fatto bene.
Fa un passo verso di lui e, con lucidità e freddezza, trova il coraggio di dirgli: “Non ora. Meglio che io taccia adesso, quello che ti direi non ti piacerebbe. Ne parleremo domani a freddo, sono troppo stanca. Lasciami passare. Dammi retta una volta tanto. E meglio così, credimi”.
Stefano è annichilito. Non è la prima volta che le sente usare quel tono di voce: con la stessa calma freddezza e con lo stesso tono gelido Melany lo aveva lasciato a seguito del suo tradimento.
È raro vedere e sentire Melany così. Da quando stanno insieme sarà capitato non più di due o tre volte, quindi sa bene che non c’è proprio da scherzare con quel tono di voce dal timbro perentorio ma al contempo calmo, per nulla alterato, e proprio per questo ancor più temibile. Pertanto non oppone alcuna resistenza, spostandosi appena per lasciarla passare e aprire la porta. Non si gira nemmeno a guardarla.
Anche lei non si volta. Senza aggiungere altro, nemmeno “buonanotte”, lo supera ed entra. Con la testa all’indietro si appoggia alla porta ormai chiusa, come se avesse lasciato fuori non solo Stefano, ma anche tutti i problemi di oggi. Dopo qualche secondo di silenzio lo sente muoversi. Impreca qualcosa del tipo: “Me la pagherà! Giuro che me la pagherà!”, e prima di partire a tutta velocità, scaglia un pugno contro la sua auto: uno dei suoi soliti odiosi e stupidi gesti di stizza.
“Non cambierà mai. Non può cambiare. È la sua natura”, mormora Melany scuotendo la testa.
Quel suo sciocco quanto imponderato comportamento le fa ricordare un episodio agghiacciante: erano insieme in discoteca quando un amico comune dal corpo scultoreo, che lì si esibiva come spogliarellista, le si avvicinò e con ironia, strizzandole l’occhio, le disse: “Che ne dici, me li merito dieci euro negli slip?”, Melany ricorda perfettamente che tale frase venne pronunciata davanti a Stefano e altre persone. Era evidente a tutti il suo tono scherzoso, proprio come scherzò lei rispondendogli: “Meriti questo e altro figlio mio!”.
Stefano, a quelle parole, reagì come una pentola a pressione surriscaldata e sulla via dell’imminente esplosione, aveva avuto un raptus d’ira e quasi con odio le disse: “Per quello che hai fatto sappi che entro stanotte porterai le corna!”. La riaccompagnò subito a casa, senza lasciarle possibilità di replica, Melany pensò che fosse una delle sue solite uscite sconsiderate e che poi, una volta rinsavito, sarebbe tornato il dolce Stefano di sempre, quello che solo lei conosceva. Non andò così, purtroppo. Quella notte la tradì realmente con una ragazzetta anonima, senza tante pretese, “raccattata” in un improbabile pub di periferia. Una di quelle per cui fare sesso con una persona appena conosciuta è del tutto naturale, come mangiare un pacchetto di patatine e una volta finito quello passare a un altro.
Melany lo seppe qualche tempo dopo e ne visse tutta l’amarezza, colmando fiumi di dolore e di disperazione con le sue lacrime. Ma anche in quel caso lo perdonò. Persuasa da uno Stefano in ginocchio davanti a lei che, piangendo, la implorava di non lasciarlo perché non poteva vivere senza di lei, e che se ciò fosse accaduto avrebbe potuto anche uccidersi.
“Magari lo farà anche adesso..”, pensa Melany. “Ma stavolta non correrò per fermalo. Faccia pure, tanto…” I suoi tormenti vengono interrotti da una voce familiare: “Amore mio sei tu?”.
Quelle parole le riportano subito il sorriso, così va incontro alla madre e l’abbraccia: “Sì mammina mia, sono io. Mi dispiace averti svegliato”.
“Non devi dispiacerti. Lo sai che una brava mamma che si rispetti dorme realmente solo quando ha visto addormentarsi il proprio figliolo? O pensi forse che io non sia una brava mamma?”
“Tu sei la migliore delle mamme! Se ci fosse un Premio Nobel per le mamme, lo vinceresti sicuramente tu!”, e la stringe più forte.
“Ora vai a dormire, Melany. Ti vedo molto stanca e domattina devi lavorare.”
Quelle parole... quegli sguardi.. È come se la mamma sapesse tutto di lei. Come se conoscesse i suoi drammi, i suoi pensieri, ciò che le è capitato in quella giornata così difficile, così spietatamente piena di emozioni forti.
In realtà così, al cuore di una mamma nulla sfugge. Può non conoscere i dettagli, le noticine in fondo alla pagina, ma il libro di vita di Melany lo conosce molto bene. Del resto è stata lei stessa, dandole il dono della vita, a scriverne le prime pagine, riempiendole con l’amore, la dedizione, l’educazione e gli insegnamenti. In seguito, com’è giusto che sia, è stata Melany a scrivere le pagine successive, che tuttavia passano, quasi per osmosi, dalle sue vene a quelle della madre, per poi trovare dimora in lei, nei suoi pensieri, nel suo cuore.
“Hai ragione mamma, vado subito a riposare. Buonanotte.”
“Buonanotte vita mia”, e la lascia andare pur avendone intuito l’animo preoccupato. Quando deciderà di parlarmene, io sarò lì ad ascoltarla e ad aiutarla, lei lo sa.” Qualche lacrima accompagna i suoi pensieri, perché non può fare a meno di provare apprensione per il malessere di Melany.
Dopo una bella doccia ristoratrice, Melany è finalmente nel suo letto. È come un grammofono alimentato dalla carica di una molla che ormai sta per esaurire la sua spinta: il piatto decelera lentamente finché non smette di girare. Così i suoi occhi, appesantiti dal sonno, si chiudono lentamente. I sogni, i dolci sogni della romantica Melany, prendono il posto dei pensieri torbidi e delle nuvolacce, consentendole un profondo riposo nelle braccia di Morfeo.
La notte trascorre tranquilla. Durante il sonno la sua bocca sorride. Probabilmente sta facendo uno dei suoi sogni ispirati dalla quotidianità, perché vorrebbe che la realtà si tramutasse in sogno o che il sogno diventasse realtà. Sa benissimo che volere è potere e che il risultato del perfetto raggiungimento è pressoché certo, quando si desidera qualcosa con un’intensità tale da dare il massimo in dedizione e amore per ottenerla. Col medesimo sorriso rilassato apre gli occhi al suono-sveglia del suo cellulare, che la riporta alla realtà quotidiana con il canto elettronico di un gallo. Si stiracchia, allunga le braccia per stringere meglio a sé il mattino, si scopre. Con un piede dischiude leggermente l’anta della finestra. Un forte raggio di sole entra nella stanza inondandola di luce. L’aria fresca primaverile compie il resto dell’opera. Ormai è completamente desta, pronta per l’ azione. Non conosce l’ accidioso immobilismo.
Sente un cinguettio sul davanzale e si affaccia. Scorge un passerotto che sta dando maldestramente la caccia a una briciola di pane forse portata lì dal vento. L’uccellino si accorge di Melany ma non scappa, perché avverte che la persona che ha davanti è la bontà personificata; si avvicina a lei, ruotando la testolina per meglio inquadrarla con la sua vista laterale.
La fissa incuriosito e fa una sorta di piccolo inchino quasi a dirle: “Benvenuta a questo nuovo giorno, dolce Melany Fatti scaldare da questo tiepido sole. Fallo entrare dentro di te, cerca di trarne calore. Respira quest’aria fresca e con essa queste emozioni portate dal vento”.
Melany potrebbe piangere per una “piccolezza” del genere, tanta è la sua sensibilità. In realtà ora piange davvero. Non per i suoi problemi che sembrano essere dimenticati, ma per gioia, per quella gioia di vivere che la caratterizza.
“Ma nonio vuoi, oggi, il ciambellone che ti piace tanto?”, le dice la mamma, bussando alla porta della sua camera con lo stesso impeto dei cani de La carica dei 101.
“Non mi dire che lo hai preparato apposta per me! Non ci credo!”, esulta Melany aprendole.
“Beh, sai com’è... stamattina non avevo più sonno.., non sapevo come passare il tempo... avevo delle uova che stavano per scadere e così...”
“Mamma, sei un’adorabile bugiarda. Ti amo!”
“Su, su, bando alle ciance! Sbrigati a scendere, figliola, che è ancora caldo. Non vorrai perderne la fragranza facendolo raffreddare?”, la incalza la madre per nascondere la commozione che prova sempre a quelle parole.
Melany adora il rito della colazione, le piace assaporarla con calma mentre parla con i genitori. Adora sprofondare voluttuosamente la sua bocca nella tazza colma di latte, come un gatto col suo musetto in una ciotola.
“Cosa mi fate a cena? Cosa mi fate a cena?”
“Sei proprio figlia di tuo padre, eh? Quasi tutte le mattine la stessa domanda! Stai mangiando e già pensi a stasera, Abbi pace!”
“Che vuoi dire?”, interviene il marito appena sopraggiunto, “Che sono un rompiscatole? O che sto ingrassando? Guarda che...”, e inizia a seguirla scherzosamente intorno al tavolo con il gesto minaccioso di volerla sculacciare, mentre la moglie si schernisce ridendo con in mano un mestolo di legno.
“Siamo alle solite!”, commenta Melany con la bocca piena di ciambellone. “Ma quando crescerete? Insomma, che devo fare con voi?”, continua scuotendo il capo con esagerata esasperazione.
Se il buongiorno si vede dal mattino, questo ha indubbiamente l’oro in bocca: quello delle risate scaturite dall’affetto.
Il tempo di vestirsi e pochi minuti dopo Melany è già pronta per andare in ufficio, Non ha mai tardato nemmeno una sola volta, ritenendo la puntualità un segno distintivo di professionalità ma soprattutto di educazione. Un bacio ai genitori ed è fuori da Casa Spank. Le basta però uno sguardo all’esterno per ricordarsi che ha l’auto dal meccanico. Rientra subito e, mentre sta per chiamare il padre, lo vede nell’ingresso, che la sta aspettando a braccia conserte, battendo il piede destro per terra e fingendo impazienza:
“Questa non te l’eri scritta sul taccuino, eh?”, la canzona facendole l’occhiolino. “Sono pronto in un attimo. Ti accompagno io dal meccanico.”
Gli occhioni dolci e buoni di Me1ay si illuminano di un sorriso imbarazzato e carico di amore.
Ritira la sua Panda e, quando sta per sedersi in macchina, scorge nel padre poco distante uno sguardo così pieno d’amore che forse nessuno, neanche il suo Stefano, le ha mai rivolto. Peccato che stia già partendo quando lui mormora piano, quasi a sé stesso, le parole che accompagnano quello sguardo: “Sei stupenda, coniglietta mia. Mi ricordi tua madre quando l’ho conosciuta. La stessa energia, lo stesso sorriso, la stessa voglia di vivere...”.
Melany sì trova in breve presso il parcheggio dell’azienda. Arrivata al posto macchina a lei riservato, nota, proprio al centro del rettangolo, la presenza di un grosso barattolo che le impedisce la manovra. Si ferma e scende dall’auto. Fa per muovere il contenitore metallico quando, sollevandolo, scorge per terra una busta da lettera al cui interno, in trasparenza, s’intravede un bigliettino. Apre in fretta la busta e ne legge il contenuto scritto in bella grafia: Buongiorno Melany. Senza firma e senza alire parole, nemmeno sul retro.
“Di chi sarà? Di Stefano? Macché... A parte che la calligrafia non è la sua, non è certo il tipo che ha queste delicatezze. Un ammiratore segreto? No, ci mancherebbe solo questo adesso. Speriamo di no, geloso com’è Stefano... Magari è solo lo scherzo di un collega... No, neanche questo, ora sarebbe qui a salutarmi di persona e qua in torno non vedo anima viva.”
Quindi, escluse tutte le possibilità, rimane solo la verità “Mysterio! Non può che essere Mysterio! No... ci sarà sicuramente un’altra spiegazione.., non è possibile...”. Straccia in mille brandelli quello stupido pezzetto di carta.
Anche questa giornata, come quella precedente, sta prendendo una piega preoccupante. E appena iniziata e già si trova assillata da dubbi e cupi pensieri. Già così presto le sue due nubi gettano copiosamente acqua su di lei.
Dopo aver parcheggiato continua a guardarsi intorno. Raggiunge con passi meccanici lo stabile in cui è situato il suo ufficio, teme fin troppo un incontro come quello della mattina precedente per stare tranquilla. All’ingresso saluta il suo amico portinaio senza mostrare alcun turbamento, anzi, regalandogli il suo consueto solare “Buongiorno’ a settantotto denti.

Sergio Marconi

Commenti

Etichette

Mostra di più