Il corsetto

Il corsetto dalle pieghe diritte nascondeva un cuore agitato, e quelle labbra tanto pudiche si rifiutavan di raccontarne la tormenta. Era innamorata di Léon, e proprio per questo cercava la solitudine, per poter godere più liberamente della sua immagine. La vista reale della persona veniva a turbare la voluttà della fantasia; pronta a palpitare al suo passo, in presenza di lui si sentiva defraudata della dolcezza dell’emozione, le restava alla fine solo uno sbigottimento scolorante in tristezza.
Léon non sapeva, quando usciva disperato da quella casa, che lei si alzava dalla sua sedia per rivederlo in strada. Si preoccupava di quel che lui poteva fare; gli spiava la faccia; inventò tutta una storia per avere il pretesto di visitare la sua stanza. Trovava ben fortunata la moglie del farmacista che poteva dormire sotto quello stesso tetto; in continuazione i suoi pensieri si abbattevano sulla casa di Homais come i piccioni del Léon d’oro che andavano là a tuffare nelle grondaie le zampette rosa e le ali bianche. Ma quanto più si accorgeva del suo amore, tanto più lo respingeva, per tenerlo celato, per diminuirlo. Avrebbe voluto che Léon intuisse, immaginava casi, catastrofi che potessero facilitarlo. A trattenerla era senza dubbio la pigrizia, oppure la paura, magari il pudore. Pensava di averlo ormai respinto troppo lontano, era passato il gran momento, tutto era perduto. E poi l’orgoglio, la gioia di dirsi: “Sono virtuosa”. Si guardava allo specchio, assumendo le pose della rassegnazione, e si sentiva un poco consolata del sacrificio che credeva di compiere.
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Gustave Flaubert, Madame Bovary 

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