Ricordati di essere felice

C’erano delle mattine in cui mi sentivo talmente sola che immaginavo di scendere dal terzo piano, scegliere qualcuno per la strada, chiunque fosse, e chiedergli: “Vorresti essere il mio migliore amico?” con il tono del Piccolo Principe quando parlava con la Volpe.
Mi sarei accontentata di una persona qualsiasi, non necessariamente la più bella o il più bello, qualcuno che fosse passato davanti a me con un aspetto normale, senza eccessive stravaganze. Non ci tenevo che si trattasse del primo della classe, né del più sicuro di sé, ma sognavo una persona che mi guardasse negli occhi, che mi sorridesse, e ascoltasse quando gli parlavo.

...

Nessuno mi può dire se devo partire o restare. Nessuno sa queste cose. Papà avrebbe saputo, ma non c’era più.
Se n’era andato senza darmi nessun consiglio sul mio avvenire. Mi aveva lasciata sola di fronte ai miei problemi. A volte, non trovando un’indicazione in me stessa, cercavo la sua voce, ma la risposta poteva essere poco piacevole: «Sei tirannica!». Ecco cosa mi toccava sentire. Lui, che mi aveva abbandonata, si irritava delle mie prepotenze. Ero offesa, e lo consideravo responsabile della sua assenza. Che lusso! Addirittura attribuirgli la colpa di esser morto. Ci sono momenti felici in cui la voce del defunto si fonde con la nostra, a tal punto che è difficile sapere chi sta parlando. Purtroppo, quel giorno, l’unica voce che udivo era quella del mare, misteriosa e ineffabile.


Christine Orban 

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