Le cose dell'amore

Una sorta di rottura di sé perché l’altro lo attraversi. Questo è l’amore. Non una ricerca di sé, ma dell’altro, che sia in grado, naturalmente a nostro rischio, di spezzare la nostra autonomia, di alterare la nostra identità, squilibrandola nelle sue difese. L’altro, infatti, se non passa vicino a me come noi passiamo vicino ai muri, mi altera. E senza questa alterazione che mi spezza, mi incrina, mi espone, come posso essere attraversato dall’altro, che è poi il solo che può consentimi di essere, oltre a me stesso, altro da me? L’amore non è ricerca della propria segreta soggettività, che non si riesce a reperire nel vivere sociale. Amore è piuttosto l’espropriazione della soggettività, è l’essere trascinato del soggetto oltre la sua identità, è il suo concedersi a questo trascinamento, perché solo l’altro può liberarci dal peso di una soggettività che non sa che fare di se stessa. Per questo amore non è una cosa tranquilla, non è delicatezza, confidenza, conforto. Amore non è comprensione, condivisione, gentilezza, rispetto, passione che tocca l’anima o che contamina i corpi. Amore non è silenzio, domanda, risposta, suggello di fede eterna, lacerazione di intenzioni un tempo congiunte, tradimento di promesse mancate, naufragio di sogni svegliati. Amore è violazione dell’integrità degli individui. La sola cosa capace di aprirci all’altro.

Umberto Galimberti - Le cose dell'amore: Opere XV

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