Bellezza e tristezza

– Perché parli in questo modo?
– Perché sì, – disse Keiko, tenendosi una mano sui capelli svolazzanti al vento che entrava dal finestrino aperto della macchina. – Forse perché sono triste. Ti ho visto camminare con un'aria così malinconica venendo fuori dall'aereo e l'hai conservata fino alla sala d'attesa. Dimmi perché avevi quell'aria. Ero lì che ti aspettavo. Ma io non esistevo per te, vero?
Non era affatto così. Taichiro aveva camminato pensando a Keiko. Ma come poteva dirglielo?
– Sono cose di questo genere che mi rendono triste. Perché sono egocentrica. Cosa posso fare per convincerti che esisto in questo mondo?
– Ne sono convintissimo e sempre, – disse Taichiro con voce ferma. – Anche adesso…
– Anche adesso cosa? – replicò Keiko. – Anche adesso… Già. Mi sembra di sognare a star sola con te. Perché mi sembra di sognare, non dirò più niente. Tocca a te ora parlare.

— Kawabata Yasunari, Bellezza e tristezza (Einaudi, traduzione di Atsuko Suga)

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