Notre Dame de Paris

[…] Tutti gli occhi si erano alzati verso la cima della chiesa. Ciò che vedevano era straordinario. Sulla sommità della galleria più alta, ancora più su del rosone centrale, c’era una grande fiamma che saliva fra i due campanili con turbini di scintille, una grande fiamma disordinata e furiosa, di cui il vento ogni tanto si portava via un lembo nel fumo. Al di sotto di questa fiamma, al di sotto della cupa balaustra a trifogli di brace, due doccioni come fauci di mostri vomitavano senza posa quella pioggia ardente che si stagliava con la sua colata argentea sulle tenebre della facciata inferiore. A mano a mano che si avvicinavano al suolo, i due getti di piombo liquido si allargavano a fascio come l’acqua che zampilla dai mille fori dell’annaffiatoio. Sopra la fiamma, le enormi torri, di ciascuna delle quali si vedevano due facce crude e stagliate, una tutta nera, l’altra tutta rossa, sembravano ancora più grandi di tutta l’immensità dell’ombra che proiettavano fino al cielo. Le innumerevoli sculture di diavoli e draghi prendevano un aspetto lugubre. Il chiarore vacillante della fiamma le faceva muovere. C’erano biscioni che sembravano ridere, figure animali che pareva di udir guaire, salamandre che soffiavano nel fuoco, tarasche che starnutivano nel fumo. E fra quei mostri risvegliati così nel loro sonno di pietra da quella fiamma, da quel rumore, ce n’era uno che camminava e che di tanto in tanto si vedeva passare dinanzi al rogo ardente, come un pipistrello davanti a una candela. […]

— Victor Hugo - “Notre Dame de Paris”

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