Scrigno

Ho paura, e non so di che: non di quello che mi viene incontro, no, perché in quello spero e confido. Del tempo ho paura, del tempo che fugge così in fretta. Fugge? No, non fugge, e nemmeno vola: scivola, dilaga, scompare, come la rena che dal pugno chiuso filtra giù attraverso le dita, e non lascia sul palmo che un senso spiacevole di vuoto. Ma, come della rena restano, nelle rughe della pelle, dei granelli sparsi, così anche del tempo che passa resta a noi la traccia. Forse è perché quella rimasta in me è quasi completamente lieta, forse perché, se pure alcunché di doloroso o di violento è passato nella mia vita tranquilla, io ho vissuto questa vita intensamente, godendo quasi delle mie stesse sofferenze, esultante per la gioia di poter vivere dentro di me, di sentirmi dentro, chiusa come in uno scrigno, un'anima, un'anima palpitante, ridente, nostalgica, appassionata; è forse per questa piena di sentimenti, per cui in una giornata soffro e godo ciò che apparentemente si può soffrire e godere in tutta un'esistenza, che rimpiango il passato, che adoro il presente, che non desidero l'avvenire.

— Antonia Pozzi, Diari del Natale 1926, in Antonia Pozzi, Poesia che mi guardi, Luca Sossella editore, Bologna 2010, pp. 411-412

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