Divorziare con stile

Uno dei privilegi dell'essere single (che basterebbe da solo a motivare la scelta), è non avere nessuno che ti rivolge la parola quando ti alzi al mattino. Chiunque ne abbia fatto esperienza dopo la fine di un matrimonio o di una convivenza, sa quanto quella solitudine sia impagabile. Sono soprattutto i primi quindici-venti minuti di riemersione dal sonno (quando ti trascini dalla camera da letto alla cucina e prepari il caffè aspettando che passi il disprezzo mattutino per te stesso che ti sfigura il volto e fa sì che la tua unica emissione vocale sia il muggito) che controindicano ogni relazione umana; eppure sono proprio quei quindici-venti minuti quelli in cui si diventa più facilmente oggetto di recriminazioni e richieste che intossicano la giornata e causano quel malumore che si coglie sulle facce già incazzate della gente che va al lavoro.
In quella manciata di minuti a rischio, in quello stato d'instabilità psichica che preclude alla ricomposizione dell'identità, non sentire alcuna voce che ti chiama per nome e ti fa domande è uno sgravio, un'esenzione che ti cambia la qualità della vita.
Poi va be’, ci sono gli aspetti negativi della condizione del single: tipo trovare le cose dove le lasci, non dare conto a nessuno di quel che fai, non avere suocere, cognate, cognati né amici non tuoi (e soprattutto, coppie di amici non tuoi) da frequentare per forza, mantenere un tenore di vita dignitoso senza affannarti a guadagnare di più per il beneficio di altri, non andare in vacanza, disporre di tempo da perdere, recuperare le tue vecchie amicizie e fartene di nuove, avere un'amante senza nasconderla eccetera eccetera: ma che volete farci, sono i costi che si pagano se si sceglie di privarsi della felicità del rapporto di coppia.

— D. De Silva, Divorziare con stile, Torino 2017, pp. 82-83

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