Quello che conta

Quello che conta non è avere successo, ma lasciare una traccia, lasciarla non in questo mondo, ma nell’universo. Mi spiego. La gente pensa che un leader politico lascerà una traccia molto più grande delle vecchie di Andretta, di una maestra elementare di Bitonto, di un pensionato di Ivrea. Non è così. La traccia durevole e profonda dipende dall’onestà con cui siamo al mondo. Chi si batte per suscitare clamore è un po’ un disonesto che vuole impressionare altri disonesti. L’universo non avrà memoria di lui. Una contadina che zappa, una goccia di sudore che scende nella terra forma un impasto minerale che ci ritroveremo nel pane. Una parola quieta, un dolore a bassa voce ti fa parlare coi gatti, ti dà l’amicizia delle rose.

Bisogna partire dall’idea che il primo dei nostri averi è la terra e chi la guasta ci fa un torto esattamente come se ci desse un pugno. Noi dobbiamo pensare che il mondo non è solo il carro delle merci e del potere. Questo mondo e la rissa in corsa per lasciare una traccia è un asilo infantile senza la maestra. Non resterà niente di questo abbaiare. Noi dobbiamo capire che abitiamo l’universo, è quella la nostra casa. I nostri gesti hanno valore anche se non vengono commentati da nessuno. I nostri gesti sono belli anche se non ci procurano fama e potere. Bisogna deporre l’invidia verso il successo. Chi ne ottiene ne vuole altro ancora, diventa bulimico, non trova pace. È umano volere attenzione per le nostre lotte, ma dobbiamo sempre chiederci cosa vuole la nostra natura profonda. Io credo che in quel punto ormai sperduto di noi stessi ci sia il bene, siamo fatti di bene. E il bene riconosce il piacere di una finestra aperta, sente il respiro di un cane, si sente fratello di un cielo azzurro, ma anche di una notte di pioggia.

Noi ora abbiamo un compito importante. Dobbiamo frenare l’isteria di questo mondo. È assurdo alimentarla. Dobbiamo affermare con fermezza le nostre verità senza esporle al giudizio dell’attimo. Dobbiamo dare fiducia agli anonimi e agli sconosciuti. Andare a scuola dai silenziosi, dagli appartati. La politica e la comunità hanno senso se ci fidiamo degli altri, se non pensiamo che sia tutto un imbroglio. Il gioco della furbizia non dobbiamo accettarlo né dai governanti, né dai nostri amici. Chi ci invidia senza motivo, chi prova a scoraggiarci deve essere allontanato dalla nostra vita. Non possiamo stare accanto a chi vuole rubarci il nostro fiato per fare spazio al suo. Andiamo a respirare accanto a una ginestra, lei non partecipa alla rissa. Proviamo ogni giorno a stare nel mondo in punta di piedi, proviamo a portare il nostro chiarore, senza accontentarci degli equivoci con cui costruiamo le nostre giornate. Dobbiamo chiedere ai nostri occhi di essere più attenti e così pure alle nostre orecchie. Possiamo sentire e possiamo vedere di più. Questo esercizio non è doloroso, è un esercizio che riattiva la nostra salute, ci rende più vigili e appassionati, coi sensi più estesi e ramificati. La miseria spirituale deriva proprio dal fatto che gli umani a un certo punto si fanno un’idea di se stessi e degli altri e vanno avanti in questo nido, non cambiano mai il ramo su cui stanno appoggiati.

L’aria e il suolo non sono lo sfondo dentro cui si muove la nostra vita, ma noi siamo un pezzo dell’aria e del suolo. Siamo terra e cielo e ogni costituzione dovrebbe partire dalla terra e dal cielo, poi vengono le piccole vicende della produzione e del consumo. Ci vuole un piano di riforestazione. Gli essere umani devono piantare arbusti, rose, ginestre sotto i teloni delle meningi. La psicologia è solo uno sterzo di gomma, non è il motore della nostra vita. Il motore vero è l’ecologia. Esistono i crimini contro l’umanità. Andrebbe istituito il reato di crimine contro la terra. Deve farsi strada un fuoco centrale ineludibile: la salute dei cittadini e della terra. Il resto sono scintille, il resto è cenere.

Franco Arminio

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