Tuta Blu

“Il caporeparto mi aveva chiesto di fare per l'indomani lo straordinario. Mi ha detto: «Di Ciaula, è da molto che tu non fai straordinari, domani puoi venire, è sabato e poi domenica ti puoi riposare. Vieni dalle sette fino all'una. Vieni sono sempre soldi guadagnati.» Lui guardava me ed io manco per il cazzo, continuavo a guardare il pezzo in lavorazione. Gli ho detto «va bene» per togliermelo davanti. L'indomani mi sono svegliato, neanche a farlo apposta, più presto del solito, dal balcone ho fatto una bella respirata di aria fresca. Sulla strada c'era un forte profumo di rucola, dai tendoni delle viti pendevano i “gracioppi” dell'uva maturissimi, gialli, profumatissimi, l'aria ne era piena. Mi sono detto: vale la pena andare a lavorare, a fare la muffa lì dentro per diecimila lire? Ma chi me la darà più una mattinata simile, diecimila lire, che sono diecimila lire, non valgono una zaffata di questa aria. Sono salito a casa, ho preso una bottiglia di vino e me ne sono andato per i campi senza meta, allontanandomi parecchio dal paese. Più camminavo, più la terra era profumata di margherite, di rucola, di muschio. Sfido tutti i cani dei padroni del mondo a cercarmi tra tutto questo profumo, sfido tutti i guardiani del mondo.”

— Tommaso Di Ciaula, Tuta Blu - Ire, ricordi e sogni di un operaio del Sud, Feltrinelli, 1978; pp. 32-33

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