La voce di Astrid

*** Ore 16 ***

La sua voce era diversa. Come tutte, diversa. Riconoscerei la sua voce, che pur sentii poche volte, tra mille canti, mille voci, mille racconti della luna. Tra mille anni, tra mille anni io la riconoscerei. So che la sua voce non ha mai nascosto nulla. Non poteva. La sua voce era come impressa nel gioco sontuoso delle stelle, non riusciva mai a dissimulare la luce. La diceva con intensità, mai con le parole. Ma per quanto io possa avervi dato così l’idea che lei avesse una voce dal tono alto, magari squillante, posso assicurarvi che il suo tono somigliava a quello che una donna avrebbe se sapesse dosare con naturalezza dolcezza e sensualità. Astrid aveva quel tipo di voce. Una voce bassa, dal tono basso ma nel contempo celeste.

Mentre vi scrivo, mentre sono totalmente rapito dalla volontà di descrivervi la voce di Astrid, mi torna alla mente una frase di Pasolini: “La vita, nel ricordo, diventa un film muto”. Sebbene sia passato tanto tempo non riesco ancora a pensare ad una sola cosa che sia diversa da ciò che la sua voce dipinse per me. Ma è vero, la vita, nel ricordo, diventa un film muto. I ricordi sono imperfetti. Ho sempre cercato di compensare questo difetto congenito delle memorie con la fantasia e fui certo così – poiché il mondo è solo fantasia, poiché ogni certezza è sorretta dal giorno della fantasia – che la sua voce nasceva sempre dal silenzio e con il silenzio aveva in comune la distesa infinita del mio timore.

Astrid iniziava ogni frase sussurrando. Anche se il vigore nella sua voce era l’unica costante, sembrava che iniziasse a parlare sussurrando. Forse, il mio, era solo un modo di ingannarmi. Mi ingannavo che tra la sua voce e gli immensi silenzi che la precedevano fossero uniti da un ingrandimento progressivo del dilemma sonoro, un crescendo di sillabe che nascevano dal nulla. O forse era solo quello che diceva a creare l’illusione del sussurro poiché Astrid parlava sempre del silenzio da cui nasceva la sua voce, qualsiasi fosse l’oggetto del suo discorso.

*** Ore 18 ***

La voce di Astrid era profonda. Nasceva dalle sconfinate terre del piacere e dell’agonia. Dall’agonia quando è anche piacere. Quando dal passato, l’agonia, forma una linea di continuità che è possibile percorrere – fino ad arrivare nel presente – solo mutando la propria sensibilità, solo mutando le forme che delineano il confine tra dolore e piacere. La voce di Astrid nasceva dalla foce di un fiume di linfa. Densa. La sua voce era densa. E non è vero che il tono della sua voce era incline alla verità. Dopo poche ore dall’ultimo scritto mi accorgo di avervi mentito, e che, probabilmente, mentivo soprattutto a me stesso poiché la verità non è mai esistita. Piuttosto la sua voce proveniva da una sincerità, dalla sincerità salvifica di una mia illusione.

Mi capitava di non ascoltare le sue parole. Ero attratto dal desiderio di capire il significato delle frasi ascoltando semplicemente il tono della sua voce. A volte non potevo fare a meno di fermarmi tra una lettera e l’altra di una parola scandita – incisa dallo scalpello della sua voce nello spazio – per poi ritrovarmi, passando attraverso quella stretta fessura, nel mondo indefinito dei suoi pensieri.

Astrid non parlava molto. Ve l’ho già detto. Astrid concentrava tutte le parole che non diceva nel tono della voce. Per questo la sua voce era densa. Vellutata, densa e fluida. Era linfa. Come già vi ho detto.

*** Ore 19 ***

Non credo si possa mai dire tutto ciò che andrebbe detto. Se non lo si può fare con le parole è probabile che lo si possa fare col silenzio, o con il tono della voce. Astrid disse tutto. Astrid diceva sempre tutto. Ma non fui mai capace di sostare nel gioco lascivo dei suoi silenzi e del tono della sua voce se non per pochi istanti. Ho sempre avuto l’impressione che se avessi sostato su quell’intreccio mobile di solstizi vocali avrei colto l’indefinito mondo di uno strano paradiso. Di questo sono colpevole. Ammetto d’aver avuto paura di giungere fino all’ultima parola di ogni sua frase. Avevo paura che una volta terminata finisse anche il mio respiro: tutti i miei timori si radunavano come stormi dietro ad ogni senso che voleva dare alle parole.

Non credo che si possa dire tutto della voce di Astrid. Credo sia impossibile farlo anche avvalendosi di ogni silenzio e di ogni tono di voce che ha solcato finora il mondo. Io, in fondo, potrei continuare a parlarvene all’infinito, ma non sarei mai in grado di farvi sentire il tono della voce di Astrid con le parole. Perfino io, che ne ho l’imperfetto ricordo, non riesco più a sentirla. Ciò è per me fonte di un immenso struggimento.
Ma il mio è stato un tentativo. E’ stato perlomeno un tentativo di ricordare. E mi accorgo di avervi solo parlato di un film muto descrivendo una voce.

La voce di Astrid.

Nota dell’autore: Astrid è un personaggio inventato, è il frutto della fantasia dell’autore. Astrid non esiste. Se la voce di Astrid esistesse realmente non troverebbe riscontro poiché Astrid è sempre tremendamente in ritardo, rispetto a tutto. Lei è così. O forse, al contrario, è il mondo ad essere sempre tremendamente puntuale. Puntuale nel dispensare lontananze.

Luciano Michilin

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