L’opera al nero

Per tutto l’inverno, i gomiti a una finestra, alta, tra il cielo freddo e la superficie gelata del lago, egli si dedicò a calcolare la posizione delle stelle atte a portare felicità o disgrazie alla dinastia dei Vasa, aiutato in questo compito dal giovane principe Erik, divorato da una sete morbosa di quelle scienze pericolose. Invano Zenone gli ripeteva che gli astri imprimono un indirizzo ai nostri destini ma non li decidono, e che altrettanto forte e misterioso regolatore della nostra vita e obbediente a leggi più complicate delle nostre, è quell’astro rosso che palpita nel buio del corpo, sospeso nella sua gabbia d’ossa e di carne. Ma Erik era di quelli che preferiscono ricevere il loro destino dal di fuori, sia per orgoglio, poiché trovava bello che lo stesso cielo si occupasse della sua sorte, sia per indolenza, per non dover rispondere né del bene né del male che portava in sé, credeva agli astri come, ad onta della fede riformata che aveva ricevuto dal padre, pregava i santi e gli angeli.

— Marguerite Yourcenar

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