Ritratto di un uomo

Il vicolo è uno dei tanti che dal centro storico elegante e leccato si diramano verso le zone più popolari della città.

Un repentino contrasto come dietro le quinte di un palcoscenico finto, un ritrovarsi come per magia in un’ altra città.

Vecchie e affollatissime stradine intrise di un’umanità confusa e vociante, a cui nessuna guida accenna perchè qui il turismo potrebbe diventare avventura.

Il negozietto è strettissimo, la mercanzia ammonticchiata un po’ a casaccio. Si riesce appena a passare tra mobili, lumi, statuette, vecchie radio e altre polverose cianfrusaglie.

C’è un leggero puzzo di muffa, ma anche quell’odore indefinibile di questi strani ambienti.

L’ odore degli oggetti usati, delle cose vissute, l’impronta eterea eppure indelebile del Tempo.

C’è stata un’epoca oramai lontana in cui questi negozietti avevano una sorta di funzione sociale, una specie di porta di comunicazione tra la città benestante e quella dai mille bisogni.

Oggi, nell’era rutilante e chiassosa del tutto-in-48-rate, sono stati inesorabilmente dismessi da quella funzione pur dignitosa, e hanno acquisito altre frequentazioni più rarefatte.

C’è un enorme scatola piena zeppa di libri, in condizioni che ne denotano la cura con cui sono stati letti e riposti. Una delicatezza che non può che appartenere all’amore.

Comincio a curiosarvi, manipolandoli con affettuosa cautela.

E pian piano – mentre vado leggendo i titoli e sfogliando le date – mi rendo conto che coprono un arco temporale vastissimo.

In pratica l’ intera vita di un uomo.

E come una misteriosa evocazione, a poco a poco, ne vien fuori la fisionomia di quest’ uomo senza nome nè volto.

I tanti libri di tecnica radio e diversi manuali di navigazione ne fanno un marinaio, un vecchio lupo di mare che forse leggeva questi libri nelle monotone ore di viaggio nell’immensità uniforme dell’oceano,

Libri poi riposti in fretta durante inattese burrasche, l’ eterna sfida dell’uomo alla natura, un mare non più amico, la morte stagliata nelle nuvole cupe come un’antica compagna.

E poi di nuovo la calma, il sereno, in un’ incessante altalena senza regole nè senso che è come la vita stessa.

Altri libri sono in inglese, francese, spagnolo.

Era dunque una persona erudita.

Ma non della sterile e piatta erudizione dei banchi di scuola, fatta di tediose poesie e di inutili date, ma di quella cultura vera, palpitante, umana.

Quella cultura di chi cammina nel mondo col passo discreto del vero viaggiatore, con l’emozione della scoperta, la capacità di stupirsi, e la voglia di capire ciò che è diverso.


Da un libro all’improvviso mi scivolano a terra delle cartoline e qualche vecchia foto.

Le raccolgo.

Per un attimo rimango indeciso se guardarle.

I libri – mi dico – potrebbero essere di chiunque... ma queste cartoline, queste foto erano solo sue...  ho il diritto di guardarle?

Forse no, ma lo faccio con la strana sensazione di avere a che fare con una persona ormai cara

Le cartoline sono di donne, amici, figli, parenti e vengono dai posti più svariati.

Qualche frase d’amore desueta, frammenti di vita, spezzoni di ignote vicende, uomini e donne persi per sempre nei misteriosi meandri di uno spazio lontano e di un tempo che fu.

Su una foto è in compagnia di altra gente, ma lo riconosco subito.

Un bell’uomo alto e distinto, la faccia bruciata dal sole, l’aria un po’ trasognata e malinconica.

Il vero cliché del vecchio marinaio rude e gentiluomo.

Uno di quegli uomini inquieti che non possono amare nessun posto perché li amano tutti, ed hanno tante donne perché sanno di non poterne avere veramente nessuna.

Comincio ad essere stanco, ho una sorta di nodo alla gola e il solito assurdo pudore di non darlo a vedere.

Voglio andar via.

Ma non posso lasciarlo qui. Non più.

Non posso abbandonare nella più terribile delle tempeste – l’indifferenza del mondo – questo vecchio caro marinaio, farlo naufragare nell’incuria senza amore degli altri.

Patteggio col rigattiere, pago l’irrisoria cifra e mi carico tutto in macchina.

E allora, benvenuto nel mio mondo, vecchio lupo di mare, benvenuto nella mia casa.

E’ modesta ma ti piacerà, perché un po’ ti rassomiglia.

Renato Sadurny

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