In questa foto di pura gioia

No, non è una foto di pura gioia.
È una foto, scattata da me in una serata d’estate, mentre con mio padre passeggiavo tra le sue vigne e mi elencava i nomi di ogni uva, vigne di contadino, da cui verrà fuori del vino casereccio che non verrà etichettato e in cui non verrà aggiunto null’altro se non uva.
Davanti il mare, a destra la terra di Mastro Clemente, a sinistra la vigna di mio padre alla cui sinistra si trova la vigna di mio zio.
Mio zio non cura più la sua vigna, non può.
La vigna, che è l’unica cosa che mio padre ha ereditato dal suo è collocata in un posto logisticamente quasi inarrivabile, è a 800 metri di altezza sul mare in mezzo alle montagne e l’unica strada che ci arriva ad un certo punto diventa sterrata e complessa, da quella che era casa dei miei nonni ci si arriva col trattore in qualche minuto, se si decide di prendere la macchina il tempo aumenta e diventa mezz’ora abbondante in cui si attraversano quelle terre e quei quartieri di campagna che in Calabria son rimasti quasi deserti.
Lungo il tragitto mio padre raccontava, chi abitava dove, quei raggruppamenti di case in cui era nata la madre, mia nonna, in cui le porte di ogni dimora si affacciavano sulle altre e restavano sempre aperte e i figli si immischiavano e si cucinava in collettività e si campava di terra, terra che oggi succede non si sappia più di chi sia.
Mio padre ha detto che una volta morto lui nessuno ricorderà chi aveva la terra accanto alla sua e di chi erano quelle lungo i pendii, figli, nipoti ormai all’estero, brasile, argentina, svizzera, mai più tornati e i proprietari morti e quelle terre lì, che prima davano da mangiare a famiglie intere tornate ad essere solo terra.
Ci sono lande, ettari di terreno senza padroni, senza presenza di uomo e in mezzo le vigne di mio padre e io pensavo che noi figli, una volta che lui non ci sarà per forza dovremo continuare a curare la vigna a cui lui tiene come suo padre.
Ci sono delle viti che hanno centinaia di anni, mio nonno, racconta mio padre, quando faceva lavorare la terra dagli zappatori a giornata o anche dopo dai trattori si piazzava davanti le viti secolari a braccia incrociate le proteggeva, non voleva fossero rovinate.
Mio padre ha dovuto sradicarne una, è convinto nonno non approvi.
Mio zio era l’ultimo della famiglia a vivere ancora quelle zone, poi per vicissitudini familiari anche lui ha dovuto cedere alla vita comoda e lasciare la terra, lasciare quelle zone bucoliche e inospitali per portare a casa il pane.
Solo papà resta, che quasi ogni giorno parte da casa nostra e va verso al vigna e si occupa della sua e di quella di zio, soprattutto adesso che l’uva sta maturando ha paura dei cinghiali, va presto, si apposta dietro un albero, questo è dove mi metto io di solito e qui si accovacciava tuo zio, e coi fucili qualche volte li spaventa, raramente ne ha ucciso, ma lui non ha nessun timore né remora nell’ammazzare animali.
Una volta un altro suo fratello mi disse, cosa credi? Qua una volta era o noi o loro.
Picciriddra mia, na vota o l’ammazzavi o un mangiavi, tu chist’o sa? O nun o sai? A me poi la carne di cinghiale piace.
Mio padre ha ammazzato agnelli piccoli per pasqua, cani piccoli perché troppi da poter crescere, cinghiali perché minacciavano le coltivazioni, maiali ogni anno per i salami, mio padre che tra gli animali ci ha dormito, nelle stalle quando mio nonno lo puniva, mio padre che a volte è stato animale tra gli animali.
Mangio salami, mangio la carne di agnello, mangio il cinghiale e ho visto come si ammazzano, uno per uno, e come si trattano, chiedetemi come si fa un capocollo, son figlia della terra, i miei erano e restano contadini e lo sono anche io da qualche parte tra i miei organi e il sangue, tra il tessuto e la composizione della fibra, così vanno le cose.
Gli ho detto che oggi la vita è diversa e noi non si parla nemmeno col vicino, non ammazziamo animali, ma non tocchiamo più le persone, la diffidenza verso il prossimo e la consacrazione della natura, lui mi ha risposto che la diffidenza non significa niente, poi un giorno parli col vicino che credevi pericoloso e scopri che è migliore di te.

Questo è il problema mi ha detto mio padre.

Autore sconosciuto

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