Rolando Cárdenas

L’uomo quotidiano

C’è un gesto quotidiano che ci dice:
c’è un modo d’essere che ci avvisa,
e sempre il tempo che ci ricorda chi siamo.
Si nasce una mattina bagnati dall’alba
dopo aver rincorso l’infanzia più lontana,
dopo essere tornati dal collegio
mangiando un’arancia lentamente,
senza prestare troppa attenzione se eravamo su un ponte,
senza quasi vedere come i muri disegnano il paesaggio.
Abbiamo tolto la nostra maschera di sogno
per penetrare nel giorno. All’improvviso ricordiamo
che abbiamo cose da dire
senza alcuna importanza,
copiare atteggiamenti come davanti a uno specchio
in modo inesorabile,
per essere una volta di più fantasma tra i fantasmi.
Allora la nostra tristezza ci ricorda
che qualche volta potremmo ferire il giorno con un grido,
per scaraventare tra le rovine questo lento morire,
anche più breve della luce nell’acqua.
Che potremmo liberarci di queste vecchie cose
che da sempre si susseguono stanche,
e che si può resuscitare la pioggia sulle pietre,
e il nostro eterno oblio,
non c’è bisogno di aspettare le stelle
per cercare nel dizionario la parola perduta.

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