Le mosche del capitale

“Saraccini incontrò Lanuti. Chissà quale giro di trame, quali improbabili manovre costui stava compiendo. Gli si parò davanti e con sfacciataggine lo interpellò: – Ti vedo scuro, Saraccini, come mai? Dubbi esistenziali, immagino, dubbi culturali… che la tua accesa sensibilità laica… Sei preso dal pensiero di conciliare industria e sinistra, libertà e marxismo… inutile, mio caro, tempo perso, sei in ritardo. Il marxismo è finito. È stato scientificamente smascherato il suo errore basilare, sia da un punto di vista storico che antropologico. La gente ha paura dell’uguaglianza, ha paura delle responsabilità attive e diffuse. La gente vuole obbedire e lavorare in pace, in una serena condizione di dipendenza e di benessere. Se poi vuol cercare qualcosa, a lato o sopra, è Dio che cerca, è la natura… E non rispondermi banalmente che Dio e la paura sono la stessa cosa… Sulla paura poggia il mondo, almeno quello politico-economico, e bisogna saperne tener conto. Se tu vincerai, come credo, qui dentro dovrai essere spietato… ma non credo che ne sarai capace… questo è il tuo limite.”

— Paolo Volponi, Le mosche del capitale, Einaudi (collana *Letture*, n° 27), 2010 [1ª pubblicazione 1989]; pp. 79-80.

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