Maxine Kumin

Nuotata mattutina

Nella mia testa sgombra si profila
una spiaggia di cotone, una banchina
da cui partii, unta e denudata
tra la foschia, in solitudine gelata.
Linea non c’era, soffitto o fondale
a distinguere l’acqua dall’aere.
La nebbia della notte densa come un telo
racchiuse me nel suo spugnoso ordito.
A due gancetti l’accappatoio appesi,
fra le mie gambe il lago presi.
Invasore ed invasa, procedevo
a bracciate dentro quel piatto cielo.
Pesci rapidi e miti sotto di me a guizzare.
Dentro quel verde spazio il mio nome a cantare
e intonavo nel ritmo della bracciata
a due quarti una lenta ballata.
Mormoravo: “Assecondami”. La toccata
saliva dei miei piedi all’elegante falcata,
saliva fra le bolle che sgorgavano
di lato, dalla mia bocca spalancata.
Le ossa bevvero acqua, acqua cadente
da ogni mia porta. Io ero la sorgente
che nutriva il lago, che incontrava il mio mare
nel quale “Assecondami” cantavo.

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