Sorvegliare e punire

Ecco, secondo un regolamento della fine del secolo XVII, le precauzioni da prendere quando la peste si manifestava in una città [“Archives militaire de Vincennes”, A 1 516 91 sc. Pièce]. Prima di tutto una rigorosa divisione spaziale in settori: chiusura, beninteso, della città e del «territorio agricolo» circostante, interdizione di uscirne sotto pena della vita, uccisione di tutti gli animali randagi; suddivisione della città in quartieri separati, dove viene istituito il potere di un intendente. Ogni strada è posta sotto l'autorità di un sindaco, che ne ha la sorveglianza; se la lasciasse, sarebbe punito con la morte. Il giorno designato, si ordina che ciascuno si chiuda nella propria casa: proibizione di uscirne sotto pena della vita. Il sindaco va di persona a chiudere, dall'esterno, la porta di ogni casa; porta con sé la chiave, che rimette all'intendente di quartiere; questi la conserva fino alla fine della quarantena. Ogni famiglia avrà fatto le sue provviste, ma per il vino e il pane saranno state preparate, tra la strada e l'interno delle case, delle piccole condutture in legno, che permetteranno di fornire a ciascuno la sua razione, senza che vi sia comunicazione tra fornitori e abitanti; per la carne, il pesce, le verdure, saranno utilizzate delle carrucole e delle ceste. Se sarà assolutamente necessario uscire di casa, lo si farà uno alla volta, ed evitando ogni incontro. Non circolano che gli intendenti, i sindaci, i soldati della guardia e, anche tra le cose infette, da un cadavere all'altro, i “corvi” che è indifferente abbandonare alla morte: sono «persone da poco che trasportano i malati, interrano i morti, puliscono e fanno molti servizi vili e abbietti.» Spazio tagliato con esattezza, immobile, coagulato. Ciascuno è stivato al suo posto. E se si muove, ne va della vita, contagio o punizione. L'ispezione funziona senza posa. Il controllo è ovunque all'erta: «Un considerevole corpo di milizia, comandato da buoni ufficiali e gente per bene», corpi di guardia alle porte, al palazzo comunale ed in ogni quartiere, per rendere l'obbedienza della popolazione più pronta e l'autorità dei magistrati più assoluta, «come anche per sorvegliare tutti i disordini, ruberie, saccheggi.» Alle porte, posti di sorveglianza; a capo delle strade, sentinelle. Ogni giorno, l'intendente visita il quartiere di cui è responsabile, si informa se i sindaci adempiono ai loro compiti, se gli abitanti hanno da lamentarsene; sorvegliano «le loro azioni». Ogni giorno, anche il sindaco passa per la strada di cui è responsabile; si ferma davanti ad ogni casa; fa mettere tutti gli abitanti alle finestre (quelli che abitassero nella corte si vedranno assegnare una finestra sulla strada dove nessun altro all'infuori di loro potrà mostrarsi); chiama ciascuno per nome; si informa dello stato di tutti, uno per uno - «nel caso che gli abitanti saranno obbligati a dire la verità, sotto pena della vita»; se qualcuno non si presenterà alla finestra, il sindaco ne chiederà le ragioni: «In questo modo scoprirà facilmente se si dia ricetto a morti o ad ammalati.» Ciascuno chiuso nella sua gabbia, ciascuno alla sua finestra, rispondendo al proprio nome, mostrandosi quando glielo si chiede: è la grande rivista dei vivi e dei morti.


Michel Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, traduzione di Alcesti Tarchetti, Torino, Einaudi (collana ET Saggi, n.146), 2012¹⁹; pp. 213-15.

[ Edizione originale: Surveiller et punir: Naissance de la prison, Paris, Gallimard, 1975 ]

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